Min.Lavoro: settore calcistico – rinuncia alla retribuzione e contribuzione
La Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello n. 26 del 5 novembre 2015 , ha risposto ad un quesito della L’Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro (ANCL), in merito alla ipotesi in cui, in ambito sportivo professionistico, “calciatori e tecnici rinuncino a stipendi già maturati e non ancora corrisposti per svincolarsi in tempi rapidi dalla società e trovare ingaggio altrove”.
In particolare, l’istante chiede se i suddetti atti abdicativi, stipulati in sede sindacale, possano avere ad oggetto anche i contributi previdenziali e assistenziali che risultano dovuti sulla base della retribuzione maturata e non ancora corrisposta; nell’ipotesi negativa, se la contribuzione debba essere calcolata sulle mensilità di stipendio che il lavoratore avrebbe diritto di percepire per contratto oppure sui minimali di legge.
La risposta in sintesi del Ministero
“…Ciò premesso, in ordine al quadro regolatorio, si ritiene utile richiamare il principio espresso dal consolidato orientamento giurisprudenziale, in virtù del quale il lavoratore non può disporre dei profili contributivi che l’ordinamento collega al rapporto di lavoro, tenuto conto che l’obbligazione previdenziale insorge esclusivamente tra datore di lavoro, soggetto obbligato, ed Istituto, titolare della posizione attiva creditoria; il lavoratore, dunque, rispetto all’obbligazione in esame risulta “terzo” ed esclusivamente beneficiario della prestazione (Cass., sent. n. 9180/2014).
Ne consegue che l’obbligo contributivo del datore di lavoro sussiste indipendentemente dalla circostanza che siano stati in tutto o in parte soddisfatti gli obblighi retributivi nei confronti del lavoratore, ovvero che quest’ultimo abbia rinunciato ai suoi diritti, in quanto l’Istituto, titolare del diritto di credito contributivo, non può in alcun modo essere pregiudicato da atti dispositivi di terzi, quali nella specie i lavoratori. Si ricorda, peraltro, che l’art. 2115, comma 3, c.c. dispone la nullità dei patti diretti ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o all’assistenza, sancendo in tal modo la regola della non negoziabilità dei diritti previdenziali, neanche qualora prescritti (Cass., sent. n. 10573/1997, n. 3122/2003, n. 17670/2007).
La Corte di Cassazione ha, altresì, sottolineato che l’art. 12 della L. n. 153/1969, individuando la retribuzione imponibile in “tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro”, va interpretato, alla luce del principio in forza del quale alla base del calcolo dei contributi deve essere posta la retribuzione dovuta per legge o per contratto collettivo o individuale, e ciò dunque anche in presenza di rinuncia del lavoratore alle spettanze retributive già maturate e non corrisposte (cfr. art. 6 del D.Lgs. n. 314/1997).
Le successive modifiche alla Legge del 1969 hanno peraltro confermato “le disposizioni in materia di retribuzione imponibile di cui all’articolo 1 del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389”, secondo il quale “la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo”.
Alla luce delle osservazioni svolte, in risposta alla prima problematica sollevata, si ritiene che nell’ipotesi in cui calciatori e tecnici professionisti rinuncino a stipendi già maturati e non ancora corrisposti, la società sportiva/datore di lavoro sia comunque tenuta ad assolvere agli obblighi contributivi nei termini di legge con riferimento al trattamento retributivo complessivo non erogato stabilito nel contratto individuale, nonché a versare l’ulteriore contributo al Fondo di accantonamento, come sopra precisato.
Per quanto concerne la questione relativa alle modalità di compilazione del Libro Unico del Lavoro, “tenuto conto che il lavoratore non percepisce le retribuzioni maturate per una o più mensilità”, appare sufficiente richiamare precedenti indicazioni di questa Direzione generale esplicitate, tra l’altro, con circolare n. 23/2011 e risposta ad interpello n. 47/2011. In tale occasione è stata infatti evidenziata la necessità di riportare sul LUL “la quantificazione della durata della prestazione o la retribuzione effettivamente erogata”; ne consegue che, nel caso in cui si proceda a conciliazione e in tale sede il lavoratore rinunci alla corresponsione di importi retributivi – peraltro individuati nell’apposito verbale ex art. 411 c.p.c. – gli stessi non andranno indicati sul LUL.”.
Fonte: Ministero del Lavoro
Scarica l’e-book gratuito con gli interpelli dal 2005
Tutti gli interpelli del Ministero del Lavoro