INL: FAQ – Diffida accertativa per crediti patrimoniali
Pubblicato il 4 Mag 2021
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), con la nota n. 685 del 29 aprile 2021, ha fornito ulteriori istruzioni, sotto forma di FAQ, in materia di Diffida accertativa per crediti patrimoniali (articolo 12, D.L.vo n. 124/2004, come modificato dall’art. 12 bis, D.L. n. 76/2020, convertito dalla L. n. 120/2020).
Riepiloghiamo tutte le FAQ sulla Diffida accertativa per crediti patrimoniali, predisposte dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la recente nota n. 685/2021 e con la nota nota n. 326/2021.
1. Nel caso in cui i crediti oggetto di diffida accertativa originino da un verbale che abbia ad oggetto la qualificazione o la sussistenza del rapporto di lavoro possono presentarsi interferenze tra il ricorso ex art. 12, comma 2, del D.Lgs. n. 124/2004 ed il ricorso ex art 17, del D.Lgs. n. 124/2004?
Il coordinamento tra i due ricorsi appare opportuno in tutti i casi i cui i crediti accertati ed oggetto di diffida trovino la propria fonte nel verbale di accertamento di illecito (es. lavoro nero, riqualificazione).
Pertanto, ove l’Ispettorato territoriale, competente in relazione al ricorso avverso la diffida accertativa, abbia tempestiva conoscenza della presentazione del ricorso avverso il verbale di accertamento, si ritiene che il procedimento relativo al ricorso sulla diffida debba essere sospeso in attesa della decisione del Comitato.
In considerazione della ratio della norma, finalizzata a rendere disponibile al lavoratore, in tempi brevi, il titolo esecutivo, risulta necessario che nella relazione trasmessa al Comitato si abbia cura di evidenziare la pendenza del ricorso avverso la diffida accertativa, così da attivare un canale preferenziale nella trattazione del ricorso da parte del Comitato stesso.
Ove tale coordinamento non risulti possibile (ad es. nei casi in cui al momento della istruzione del ricorso ex art. 12 non sia stato ancora presentato il ricorso al Comitato) l’ITL adotterà la decisione avendo cura di trasmettere, nell’ipotesi di successiva proposizione di un ricorso ex art. 17, al Comitato, unitamente alla relazione redatta, la decisione adottata al fine di coordinare le conseguenti decisioni.
2. Gli effetti della Conciliazione Monocratica con esito positivo instaurata ex art. 12, comma 2, D.Lgs. n. 124/2004 a seguito di notificazione di provvedimento diffida accertativa hanno riflessi sull’imponibile contributivo?
Si richiamano a riguardo i chiarimenti già forniti da ultimo con nota prot. n. 5066 del 30 maggio 2020, nella quale si è precisato che “la circostanza che le pretese retributive siano oggetto di un accertamento ispettivo non può non avere riflessi sulla fase conciliativa; sotto tale aspetto, quindi, oltre ai limiti indicati nella circolare n. 36/2009 in materia di conciliazione monocratica ex art. 11, la citata circolare n. 24 [n. 24 del 2004] ha previsto che la conciliazione sulle retribuzioni non può avere riflessi sull’imponibile contributivo che dovrà essere comunque calcolato, secondo quanto accertato dall’organo ispettivo, ai sensi dell’art. 1 del D.L. n. 338/1989 (conv. da L. n. 389/1989)”.
Non appare quindi necessaria la trasmissione all’INPS anche del verbale di conciliazione intervenuto sulla diffida, atteso che il calcolo degli imponibili contributivi trova il proprio fondamento esclusivamente nel verbale di accertamento ispettivo che è già trasmesso o ancora da trasmettere all’Istituto.
3. Sulla base di quale contratto collettivo si determinano gli importi da inserire nella diffida accertativa nei casi di appalto non genuino?
Nel richiamare le indicazioni già fornite con la circolare n. 10/2018 in ordine alle ipotesi in cui, nell’ambito di un appalto non genuino, siano riscontrate inadempienze retributive e contributive nei confronti dei lavoratori impiegati nell’esecuzione dell’appalto, si precisa che gli “emolumenti non corrisposti” da indicare nel provvedimento di diffida accertativa sono da quantificarsi sulla base del CCNL del datore di lavoro. Resta salva la possibile rideterminazione degli imponibili contributivi da parte dell’INPS sulla base del CCNL del committente.
4. Il pagamento delle somme da parte dell’obbligato effettuato successivamente all’emissione del provvedimento di diffida accertativa può essere preso in considerazione ai fini della decisione del ricorso ex art. 12, comma 2, D.Lgs. n. 124/2004?
No, l’eventuale pagamento di somme intervenuto successivamente all’emissione del provvedimento di diffida accertativa non potrà essere preso in considerazione ai fini della decisione, in quanto il ricorso e la relativa decisione hanno ad oggetto la sussistenza dei presupposti di legittima emissione del titolo al momento della sua adozione. Eventuali pagamenti non emersi in fase di accertamento, potranno essere considerati ai fini della decisione solo ove la corresponsione sia asseverata in maniera incontrovertibile anche alla luce delle disposizioni in materia di tracciabilità dei pagamenti (art. 1, comma 910 e ss., della L. n. 205/2017).
5. La mancata notifica da parte del ricorrente al lavoratore del ricorso e del provvedimento di diffida accertativa comporta l’improcedibilità dell’istruttoria del ricorso?
No, non essendo richiesta a pena di improcedibilità. In ogni caso, appare opportuno che gli Uffici, senza pregiudizio per l’avvio dell’attività istruttoria, provvedano ad invitare il ricorrente a tale adempimento e a fornirne prova ad integrazione della documentazione già presentata.
6. In quali casi l’eventuale documentazione inviata dal lavoratore reso edotto del ricorso potrà avere ingresso nella fase decisoria del ricorso ex art.12, comma 2, D.Lgs. n. 124/2004?
Come puntualizzato con la circolare n. 6/2020, i ricorsi – così come già avveniva per quelli presentati al Comitato per i rapporti di lavoro – vanno decisi esclusivamente sulla base della documentazione in possesso dell’Ispettorato territoriale e di quella presentata dal datore di lavoro, non essendo previsto alcun tipo di “contraddittorio” tra quest’ultimo e il lavoratore. Tuttavia, si ritiene che sulle vicende relative all’asserita estinzione del debito rappresentate nel ricorso da parte del ricorrente, intervenute antecedentemente all’emissione del titolo ma non emerse in sede di accertamento, sia possibile l’acquisizione di eventuali controdeduzioni trasmesse spontaneamente dal lavoratore inerenti le sole vicende estintive del credito.
7. È possibile rilasciare al lavoratore che ne faccia richiesta all’Ufficio, una copia del ricorso e/o del relativo provvedimento di diffida accertativa?
Si, in caso di mancata notifica da parte del ricorrente unitamente al ricorso. In ogni caso nella trasmissione del provvedimento di diffida accertativa dovrà espressamente essere inserito il seguente avvertimento “Il presente documento non costituisce ancora titolo esecutivo in quanto è sospeso in ragione della presentazione del ricorso ai sensi dell’art. 12, comma 2, D.Lgs. n. 124/2004. All’esito del predetto sarà inviata una comunicazione concernete la decisione assunta dall’Amministrazione”.
8. Valutazione di fatti sopravvenuti all’accertamento
Come puntualizzato con la circolare n. 6/2020, i ricorsi – così come già avveniva per quelli presentati al Comitato per i rapporti di lavoro – vanno decisi esclusivamente sulla base della documentazione in possesso dell’Ispettorato territoriale e di quella presentata dal datore di lavoro, non essendo previsto alcun tipo di “contraddittorio” tra quest’ultimo e il lavoratore.
9. Quando si applica la disciplina previgente alla modifica normativa introdotta dall’art. 12 bis del D.L. n. 76/2020?
Con riferimento all’applicazione della nuova disciplina recata dall’art. 12 bis del D.L. n. 76/2020, si precisa che, per “provvedimenti notificati prima del 15 settembre u.s.” (data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 76/2020)
per i quali la circolare n. 6/2020 ha chiarito che trova applicazione la previgente disciplina – si intendono tutti i provvedimenti la cui data di protocollo in uscita è antecedente al 15 settembre 2020, sebbene la notifica si sia perfezionata successivamente.
10. Nel caso di ricorsi avverso più diffide accertative aventi ad oggetto voci retributive ed importi uguali, anche se relative a più lavoratori, si può adottare una decisione unica?
Si, in tali ipotesi si può adottare una sola decisione. Analogamente, a parità di voci retributive, di importi e quindi di esiti identici si ritiene di poter adottare un’unica decisione anche nel caso in cui la diffida accertativa riguardi un solo lavoratore, ma i ricorrenti siano sia il datore di lavoro, sia il responsabile in solido.
11. Nel caso di ricorso da parte dell’obbligato avverso provvedimenti di diffida accertativa relativi a diversi lavoratori e a crediti con importi differenziati, può essere adottata una decisione unica?
Si, soprattutto in caso di esiti uniformi, avendo cura di “oscurare”, in fase di comunicazione della stessa ai singoli lavoratori, i dati relativi agli altri lavoratori coinvolti nella decisione. In caso di esiti differenziati (rigetti/accoglimento; ridetermina/accoglimento parziale) sarà possibile “accorpare” la decisione per esiti uniformi (tutti i rigetti, tutti gli accoglimenti, tutte le ridetermine). In caso di rideterminazione degli importi, atteso che gli stessi risulteranno differenti in relazione a ciascun lavoratore, la trattazione unitaria non dovrà pregiudicare la chiarezza nell’indicazione della diffida afferente a ciascun lavoratore, delle voci che si intendono eliminare/modificare e del ricalcolo delle somme dovute. In ogni caso il successivo atto di ridetermina dovrà essere gestito singolarmente in rapporto a ciascun lavoratore al quale andrà notificata altresì la decisione con l’adozione delle eventuali accortezze in termini di “oscuramento” dei dati altrui sopra richiamate.
12. Nell’ipotesi di appalto/somministrazione fraudolenta a chi può essere notificata la diffida accertativa e tenendo conto di quale CCNL?
Nell’ipotesi in cui il personale ispettivo, oltre all’illiceità sul piano amministrativo dell’appalto, ravvisi anche i requisiti della fraudolenza, ai sensi dell’art. 38 bis del D.Lgs. n. 81/2015 adotta, come precisato dalla circolare n. 3/2019, la prescrizione obbligatoria volta a far cessare la condotta antigiuridica attraverso l’assunzione dei lavoratori alle dirette dipendenze dell’utilizzatore per tutta la durata del contratto. In tal caso, sarà possibile adottare il provvedimento di diffida accertativa sia nei confronti del committente/utilizzatore, sia nei confronti dell’appaltatore utilizzando come parametro il CCNL applicato dal primo, così come già indicato con circ. n. 3/2019.
13. Nell’ipotesi di subappalto la diffida accertativa per crediti vantati dai dipendenti del subappaltatore a chi va notificata? All’appaltatore o anche al committente principale?
Come già chiarito con nota n. 1107/2020, il tenore letterale del comma 1 dell’art. 12 limita l’ambito di applicazione della diffida accertativa al solo soggetto che “direttamente” utilizza la prestazione lavorativa.
Pertanto, nell’ipotesi di contratto di sub-appalto, la diffida accertativa va effettuata nei confronti dell’utilizzatore delle prestazioni (appaltatore) unitamente al datore di lavoro/subappaltatore e non anche nei confronti del committente in via principale, ferma restando la responsabilità solidale anche di quest’ultimo ai sensi dell’art. 29, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003.
14. Nell’ipotesi di fallimento del datore di lavoro la diffida accertativa può essere notificata al solo obbligato in solido?
Con nota n. 4684 del 19 marzo 2015 il Ministero del lavoro ha chiarito come la diffida accertativa non potesse essere oggetto di convalida in caso di fallimento del datore di lavoro, nelle more della procedura di validazione. Ciò in quanto in questi casi il credito, pur conservando i requisiti di certezza e liquidità, non può più ritenersi esigibile in ragione di quanto disposto dall’art. 51 della legge fallimentare, la quale preclude al lavoratore la possibilità di intraprendere un’azione esecutiva.
L’attuale formulazione dell’art. 12, invece, implica l’automatica formazione del titolo qualora, a fronte della notifica, non siano stati esercitati i rimedi previsti ex lege, restando quindi indifferenti al suo perfezionamento vicende medio tempore determinatesi.
Inoltre, il nuovo art. 12 permette di richiedere il pagamento del credito spettante al lavoratore tanto al datore di lavoro quanto all’utilizzatore, da ritenersi solidamente responsabile.
I requisiti di legittimità delle due pretese sono da ritenersi del tutto indipendenti con la conseguenza che, laddove la condizione che impedisce la riscossione del credito determinatasi sia riferibile unicamente ad uno dei soggetti obbligati, la stessa condizione non ha effetto sull’altro.
Pertanto, nel caso in cui in cui, ancor prima della emanazione della diffida accertativa, sia accertato il fallimento del datore di lavoro, la stessa potrà comunque essere adottata nei confronti del solo obbligato in solido (e viceversa).
15. È possibile comprendere tra i crediti oggetto di diffida accertativa anche le indennità di maternità e malattia da erogare al lavoratore?
Ai sensi dell’art. 74, comma 1, della L. n. 833/1978 la competenza all’erogazione delle prestazioni economiche per malattia e maternità è attribuita all’INPS. La materiale corresponsione, in ragione del comma 1 dell’art. 1 del D.L. n. 663/1979, avviene a cura del datore di lavoro il quale, tuttavia, provvede unicamente ad un’anticipazione per conto dell’Istituto, recuperando successivamente le somme attraverso conguaglio con i contributi ed altre somme dovute all’INPS. In altre parole, come confermato dalla stessa Giurisprudenza, l’effettivo soggetto debitore è l’Istituto previdenziale.
In tal senso, come chiarito dal Ministero del lavoro con interpello n. 9/2010 e dall’INPS con messaggio 18 novembre 2010, n. 28997, ove il personale ispettivo accerti la mancata erogazione delle indennità di malattia e maternità, l’INPS dovrà procedere con il pagamento diretto delle stesse a favore del lavoratore.
Inoltre, nella medesima ipotesi, il datore di lavoro va incontro sia alla sanzione amministrativa prevista dal comma 12 del medesimo art. 1 del D.L. n. 663/1979, sia alla possibile violazione dell’art. 316 ter c.p., ove vi sia stato anche l’indebito conguaglio delle indennità.
Pertanto, tra i crediti oggetto di diffida accertativa non potranno rientrare le indennità in questione ma unicamente le eventuali integrazioni a carico del datore di lavoro, previste dal CCNL dallo stesso applicato.
Art. 12 – Diffida accertativa per crediti patrimoniali
1. Qualora nell’ambito dell’attivita’ di vigilanza emergano inosservanze alla disciplina contrattuale da cui scaturiscono crediti patrimoniali in favore dei prestatori di lavoro, il personale ispettivo delle Direzioni del lavoro diffida il datore di lavoro a corrispondere gli importi risultanti dagli accertamenti. La diffida trova altresì applicazione nei confronti dei soggetti che utilizzano le prestazioni di lavoro, da ritenersi solidalmente responsabili dei crediti accertati.2. Entro trenta giorni dalla notifica della diffida accertativa, il datore di lavoro puo’ promuovere tentativo di conciliazione presso la Direzione provinciale del lavoro. In caso di accordo, risultante da verbale sottoscritto dalle parti, il provvedimento di diffida perde efficacia e, per il verbale medesimo, non trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 2113, commi primo, secondo e terzo, del codice civile. Entro il medesimo termine, in alternativa, il datore di lavoro puo’ promuovere ricorso avverso il provvedimento di diffida al direttore dell’ufficio che ha adottato l’atto. Il ricorso, notificato anche al lavoratore, sospende l’esecutivita’ della diffida ed e’ deciso nel termine di sessanta giorni dalla presentazione.
3. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 2 o in caso di mancato raggiungimento dell’accordo, attestato da apposito verbale, oppure in caso di rigetto del ricorso, il provvedimento di diffida di cui al comma 1 acquista efficacia di titolo esecutivo.
4. (COMMA ABROGATO DAL D.L. 16 LUGLIO 2020, N. 76, CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA L. 11 SETTEMBRE 2020, N. 120).
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