Min.Lavoro: illegittimità costituzionale di alcune sanzioni in materia di orario di lavoro
La Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato la lettera circolare n. 12552 del 10 luglio 2014 , con la quale fornisce le indicazioni operative circa l’incostituzionalità di alcune sanzioni per violazioni alle norme in materia di orario di lavoro, prevista dalla sentenza n. 153/2014 della Corte Costituzionale.
L’illegittimità in parola riguarda il sistema sanzionatorio legato alle seguenti violazioni:
- durata massima dell’orario di lavoro (articolo 4, commi 2, 3 e 4);
- riposo giornaliero (articolo 7, comma 1);
- riposo settimanale (articolo 9, comma 1);
- ferie annuali (articolo 10, comma 1).
La sentenza, in particolare, ha ritenuto costituzionalmente illegittima la disposizione contenuta nell’articolo 18-bis, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 66/2003 , nel testo introdotto dall’art.1, comma 1, lett. f), del decreto legislativo n. 213/2004 , nella misura in cui ha introdotto un regime sanzionatorio sensibilmente più severo rispetto a quello previgente, nonostante il legislatore, nell’ambito della legge di delega, avesse richiesto “in ogni caso (…) sanzioni identiche a quelle eventualmente già comminate dalle leggi vigenti per le violazioni che siano omogenee e di pari offensività rispetto alle integrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi“.
Inoltre, l’illegittimità attiene esclusivamente alla disciplina dettata dall’articolo 1, comma 1, lett. f) del decreto legislativo n. 213/2004, in vigore dal 1° settembre 2004 al 24 giugno 2008; in quanto, dal successivo 25 giugno 2008, l’articolo 18-bis è stato modificato dall’articolo 41 del decreto legge 112/2008 (convertito dalla legge 133/2008).
In considerazione di tutto ciò, le indicazioni ministeriali attengono alle sanzioni riferite alle violazioni connesse a tale arco temporale (dal 1° settembre 2004 al 24 giugno 2008), senza interessare le successive modifiche legislative.
Nel giudizio la Corte ha rilevato la sostanziale omogeneità dei precetti indicati dalla legislazione del 1923 e del 1934 e quelli indicati dal successivo decreto legislativo n. 66/2003 , evideniando tuttavia un sensibile aggravamento delle relative misure sanzionatorie introdotte dal decreto legislativo n. 213/2004 .
La perdita di efficacia della disciplina introdotta dal decreto legislativo n. 213/2004 va ad incidere su tutte quelle situazioni giuridiche pregresse che siano ancora aperte o pendenti, mentre non investe le vicende “chiuse”, in quanto regolate da sentenze definitive, da atti amministrativi definiti, oppure nei casi di decorrenza del termine di prescrizione o dal verificarsi di decadenze.
Negli altri casi, le Direzioni territoriali del lavoro (DTL) dovranno provvedere a rideterminare gli importi scaturiti dalle predette violazioni secondo il regime sanzionatorio di cui all’art. 9 del R.D.L. n. 692/1923 e all’articolo 27 della legge n. 370/1934 nei casi di:
- rapporti ex art. 17 della legge n. 689/1981, non ancora oggetto di ordinanza ingiunzione, relativi a verbali di contestazione e notificazione di illeciti amministrativi, contenenti le sanzioni di cui alla norma dichiara incostituzionale;
- ordinanza ingiunzione emessa ma senza che sia spirato il termine per l’opposizione giudiziale;
- opposizione proposta quando il relativo giudizio sia ancora pendente, ovvero la sentenza non sia ancora passata in giudicato.
Nei casi in cui il procedimento sanzionatorio risulti definitivamente chiuso (verbali già pagati, ordinanze per cui sono spirati i termini di opposizione, ovvero in caso di contenziosi con sentenze passate in giudicato), non si avrà alcuna estensione degli effetti della sentenza in esame, con conseguente intangibilità degli atti adottati; ciò in quanto, ai sensi dell’articolo 136 della Costituzione, “quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione” salvo, evidentemente , le situazioni non ancora definite nel merito.
Fonte: Ministero del Lavoro