Corte Europea di Giustizia: lavoratrice licenziata per discriminazione

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Con sentenza del 17 dicembre 2015 (C- 407/14) la Corte Europea di Giustizia ha affermato che il danno subito da una lavoratrice licenziata per discriminazione sessuale va risarcito in maniera integrale, nel senso che lo stesso non deve essere soltanto riparatorio di un danno subito, ma deve avere anche un effetto dissuasivo: tutto questo nel solco della Direttiva CE n. 2006/54 sul principio di pari opportunità.

Fonte: Corte di Giustizia Europea

 

 


 

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

17 dicembre 2015 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 2006/54/CE – Parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego – Licenziamento a carattere discriminatorio – Articolo 18 – Risarcimento o riparazione del danno effettivamente subìto – Carattere dissuasivo – Articolo 25 – Sanzioni – Danni punitivi»

Nella causa C‑407/14,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Juzgado de lo Social n. 1 de Córdoba (giudice del lavoro n. 1 di Cordoba, Spagna), con decisione del 1° agosto 2014, pervenuta in cancelleria il 27 agosto 2014, nel procedimento

María Auxiliadora Arjona Camacho

contro

Securitas Seguridad España SA,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da L. Bay Larsen, presidente della Terza Sezione, facente funzione di presidente della Quarta Sezione, J. Malenovský, M. Safjan (relatore), A. Prechal e K. Jürimäe, giudici,

avvocato generale: P. Mengozzi

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per Arjona Camacho, da R. Alcaide Aranda, abogado;

–        per il governo spagnolo, da L. Banciella Rodríguez-Miñón e A. Rubio González Alejandro, in qualità di agenti;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

–        per il governo del Regno Unito, da J. Kraehling, in qualità di agente, assistita da A. Bates, barrister;

–        per la Commissione europea, da D. Roussanov e E. Adsera Ribera, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 3 settembre 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 18 della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU L 204, pag. 23).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la sig.ra Arjona Camacho e la Securitas Seguridad España SA (in prosieguo: la «Securitas Seguridad España») vertente sulla concessione di danni punitivi alla sig.ra Arjona Camacho a seguito del suo licenziamento costitutivo di una discriminazione fondata sul sesso.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 La direttiva 76/207/CEE

3        Nella sua versione originale, l’articolo 6 della direttiva 76/207/CEE del Consiglio, del 9 febbraio 1976, relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro (GU L 39, pag. 40), prevedeva quanto segue:

«Gli Stati membri introducono nei rispettivi ordinamenti giuridici interni le misure necessarie per permettere a tutti coloro che si ritengano lesi dalla mancata applicazione nei loro confronti del principio della parità di trattamento, ai sensi degli articoli 3, 4 e 5, di far valere i propri diritti per via giudiziaria, eventualmente dopo aver fatto ricorso ad altre istanze competenti».

4        La direttiva 76/207 è stata modificata dalla direttiva 2002/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002 (GU L 269, pag. 15). Il considerando 18 della direttiva 2002/73 prevede quanto segue:

«La Corte di giustizia ha stabilito che, per essere efficace, il principio della parità di trattamento comporta, qualora sia disatteso, che l’indennizzo riconosciuto al dipendente discriminato debba essere adeguato al danno subito. Ha inoltre specificato che stabilire un massimale a priori può precludere un risarcimento efficace e che non è consentito escludere il riconoscimento di interessi per compensare la perdita subita».

5        L’articolo 6 della direttiva 76/207 è stato modificato dalla direttiva 2002/73 nei seguenti termini:

«1.      Gli Stati membri provvedono affinché tutte le persone che si ritengono lese, in seguito alla mancata applicazione nei loro confronti del principio della parità di trattamento, possano accedere, anche dopo la cessazione del rapporto che si lamenta affetto da discriminazione, a procedure giurisdizionali e/o amministrative, comprese, ove lo ritengono opportuno, le procedure di conciliazione finalizzate all’esecuzione degli obblighi derivanti dalla presente direttiva.

2.      Gli Stati membri introducono nei rispettivi ordinamenti giuridici nazionali le misure necessarie per garantire un indennizzo o una riparazione reale ed effettiva che essi stessi stabiliscono per il danno subito da una persona lesa a causa di una discriminazione contraria all’articolo 3, in modo tale da risultare dissuasiva e proporzionata al danno subito; tale indennizzo o riparazione non può avere un massimale stabilito a priori, fatti salvi i casi in cui il datore di lavoro può dimostrare che l’unico danno subito dall’aspirante a seguito di una discriminazione ai sensi della presente direttiva è costituito dal rifiuto di prendere in considerazione la sua domanda.

(…)».

6        La direttiva 2002/73 ha parimenti aggiunto alla direttiva 76/207 l’articolo 8 quinquies, il cui tenore è il seguente:

«Gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni nazionali di attuazione della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione.

Le sanzioni, che possono prevedere un risarcimento dei danni, devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione entro il 5 ottobre 2005 e provvedono poi a notificare immediatamente le eventuali modificazioni successive».

7        L’articolo 34, paragrafo 1, della direttiva 2006/54, ha abrogato la direttiva 76/207 con efficacia a decorrere dal 15 agosto 2009.

 La direttiva 2006/54

8        Ai sensi dei considerando 1, 33 e 35 della direttiva 2006/54:

«(1)      La direttiva 76/207 (…) e la direttiva 86/378/CEE del Consiglio, del 24 luglio 1986, relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne nel settore dei regimi professionali di sicurezza sociale [GU L 255, pag. 40] sono state sostanzialmente modificate. (…) Tali direttive, dovendo essere ulteriormente modificate, sono rifuse per chiarezza e per raggruppare in un unico testo le principali disposizioni in materia, nonché certi sviluppi risultanti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia (…)

(…)

(33)      La Corte di giustizia ha chiaramente stabilito che, per essere efficace, il principio della parità di trattamento comporta che il risarcimento del danno riconosciuto in caso di violazione debba essere adeguato al danno subito. È dunque opportuno vietare la fissazione di un massimale a priori per tale risarcimento, fatti salvi i casi in cui il datore di lavoro può dimostrare che l’unico danno subito dall’aspirante a seguito di una discriminazione ai sensi della presente direttiva è costituito dal rifiuto di prendere in considerazione la sua domanda.

(…)

(35)      Gli Stati membri dovrebbero prevedere sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive in caso di mancata ottemperanza agli obblighi derivanti dalla presente direttiva».

9        L’articolo 1 di tale direttiva stabilisce quanto segue:

«Lo scopo della presente direttiva è assicurare l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego.

A tal fine, essa contiene disposizioni intese ad attuare il principio della parità di trattamento per quanto riguarda:

(…)

b)      le condizioni di lavoro, compresa la retribuzione;

(…)

Inoltre, la presente direttiva contiene disposizioni intese a renderne più efficace l’attuazione mediante l’istituzione di procedure adeguate».

10      L’articolo 14 della suddetta direttiva, rubricato «Divieto di discriminazione», al suo paragrafo 1, lettera c), dispone:

«È vietata qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso nei settori pubblico o privato, compresi gli enti di diritto pubblico, per quanto attiene:

(…)

c)      all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione come previsto all’articolo [157 TFUE]».

11      L’articolo 18 della medesima direttiva, rubricato «Risarcimento o riparazione», così dispone:

«Gli Stati membri introducono nei rispettivi ordinamenti giuridici nazionali le misure necessarie per garantire, per il danno subito da una persona lesa a causa di una discriminazione fondata sul sesso, un indennizzo o una riparazione reali ed effettivi, da essi stessi stabiliti in modo tale da essere dissuasivi e proporzionati al danno subito. Tale indennizzo o riparazione non può avere un massimale stabilito a priori, fatti salvi i casi in cui il datore di lavoro può dimostrare che l’unico danno subito dall’aspirante a seguito di una discriminazione ai sensi della presente direttiva è costituito dal rifiuto di prendere in considerazione la sua domanda».

12      L’articolo 25 della direttiva 2006/54, rubricato «Sanzioni», è redatto come segue:

«Gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni nazionali di attuazione della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Le sanzioni, che possono prevedere un risarcimento dei danni, devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione entro il 5 ottobre 2005 e provvedono poi a notificare immediatamente le eventuali modificazioni successive».

13      L’articolo 27 di tale direttiva, rubricato «Prescrizioni minime», al paragrafo 1 così dispone:

«Gli Stati membri possono introdurre o mantenere, per quanto riguarda il principio della parità di trattamento, disposizioni più favorevoli di quelle fissate nella presente direttiva».

 Diritto spagnolo

14      L’articolo 10 della legge organica n. 3/2007 sull’effettiva uguaglianza tra uomini e donne (Ley orgánica 3/2007 para la igualdad efectiva de mujeres y hombres), del 22 marzo 2007 (BOE n. 71, del 23 marzo 2007, pag. 12611), rubricato «Conseguenze giuridiche delle condotte discriminatorie», dispone quanto segue:

«Gli atti e le clausole dei negozi giuridici che costituiscono o provocano una discriminazione fondata sul sesso si devono considerare nulli e privi di effetti e danno luogo a responsabilità [del loro autore] tramite un sistema di riparazioni e indennizzi che devono essere reali, effettivi e proporzionati al danno subito, nonché, se del caso, tramite un sistema di sanzioni efficace e dissuasivo che previene la realizzazione di condotte discriminatorie».

15      L’articolo 183 della legge 36/2011 che disciplina la giurisdizione sociale (Ley 36/2011, reguladora de la jurisdicción social), del 10 ottobre 2011 (BOE n. 245, dell’11 ottobre 2011, pag. 106584), rubricato «Indennizzi», ai suoi paragrafi 1 e 2 prevede quanto segue:

«1.      Quando una sentenza dichiara che vi è stata violazione, il giudice è tenuto a pronunciarsi in merito all’entità dell’indennizzo che, se del caso, spetta alla parte ricorrente per aver subito una discriminazione o un’altra violazione dei suoi diritti fondamentali e delle sue libertà civili, in funzione sia del danno morale unito alla violazione del diritto fondamentale, sia degli ulteriori danni derivati.

2.      Il tribunale è tenuto a pronunciarsi in merito all’entità dell’indennizzo, determinandolo prudenzialmente quando la prova del suo importo esatto risulti troppo complicata o onerosa, in modo da risarcire la vittima in modo sufficiente e operare, nei limiti del possibile, un’integrale rimessione in pristino della situazione precedente alla violazione, nonché in modo da contribuire alla finalità di prevenire il danno».

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

16      Il 1° luglio 2012 la sig.ra Arjona Camacho è stata assunta in qualità di agente di sicurezza dalla Securitas Seguridad España, per lavorare a tempo pieno in uno stabilimento penitenziario minorile a Cordoba (Spagna). La sig.ra Camacho è stata licenziata il 24 aprile 2014.

17      Non essendo d’accordo con il licenziamento, il 6 maggio 2014 la sig.ra Arjona Camacho ha proposto, dinanzi al centro di mediazione, arbitraggio e conciliazione di Cordoba, una domanda di conciliazione con il suo datore di lavoro. La conciliazione non ha avuto successo.

18      Il 26 maggio 2014 la sig.ra Arjona Camacho ha proposto dinanzi al Juzgado de lo Social n. 1 di Córdoba (giudice del lavoro n. 1 di Cordoba) un ricorso in contestazione del suo licenziamento, sostenendo che dovesse essere dichiarato nullo.

19      A tale riguardo, la sig.ra Arjona Camacho ha fatto valere, in via principale, che il suo licenziamento costituiva, segnatamente, una discriminazione fondata sul sesso. Essa ha chiesto un risarcimento di EUR 6 000 per il danno subìto.

20      Il giudice del rinvio indica che esso ritiene accertato che il licenziamento della sig.ra Arjona Camacho costituisca una discriminazione fondata sul sesso e che la sentenza che esso pronuncerà a seguito della risposta della Corte esporrà i mezzi di prova sui quali tale constatazione si fonda.

21      Il giudice del rinvio aggiunge che la sua emananda sentenza preciserà parimenti le ragioni per le quali esso ritiene che la somma di EUR 3 000, a titolo di risarcimento, sia sufficiente per la riparazione integrale del danno subìto dalla sig.ra Arjona Camacho a causa del suo licenziamento fondato sul sesso.

22      Tuttavia, il giudice del rinvio chiede se, in applicazione dell’articolo 18 della direttiva 2006/54, secondo il quale il danno deve essere riparato o indennizzato in modo dissuasivo, esso debba concedere alla sig.ra Arjona Camacho un risarcimento superiore rispetto al risarcimento integrale del danno subìto, sotto forma di danni punitivi, in modo che funga quale esempio per il suo precedente datore di lavoro nonché per altri.

23      Il giudice del rinvio precisa che la nozione di «danni punitivi» non esiste nell’ordinamento spagnolo.

24      Ciò premesso, il Juzgado de lo Social n. 1 de Córdoba (giudice del lavoro n. 1 di Cordoba) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 18 della direttiva 2006/54, nella parte in cui prevede il carattere dissuasivo (oltre che effettivo e proporzionato al danno subìto) dell’indennizzo alla vittima di una discriminazione fondata sul sesso, possa essere interpretato nel senso che autorizza il giudice nazionale a pronunciare una condanna veramente addizionale per danni punitivi ragionevoli: vale a dire, per un importo addizionale che, pur essendo superiore alla riparazione integrale dei reali danni subiti dalla vittima, serva come esempio per altri (oltre che per l’autore stesso del danno), mantenendosi tuttavia entro i limiti della proporzionalità; e ciò anche qualora tale figura di danni punitivi sia estranea alla stessa tradizione giuridica del giudice nazionale».

 Sulla questione pregiudiziale

25      Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 18 della direttiva 2006/54 debba essere interpretato nel senso che, affinché il danno subìto da una persona lesa a causa di una discriminazione fondata sul sesso, sia effettivamente riparato o indennizzato in modo dissuasivo, a tale persona debbano essere attribuiti danni punitivi oltre ad un risarcimento a titolo di riparazione.

26      Ai sensi del menzionato articolo 18, gli Stati membri introducono nei rispettivi ordinamenti giuridici nazionali le misure necessarie per garantire, per il danno subìto da una persona lesa a causa di una discriminazione fondata sul sesso, un indennizzo o una riparazione reali ed effettivi, da essi stessi stabiliti in modo tale da essere dissuasivi e proporzionati al danno subìto, poiché questo indennizzo non può avere un massimale stabilito a priori, fatto salvo il caso costituito dal rifiuto di prendere in considerazione una domanda di lavoro.

27      Tale disposizione riproduce il testo dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 76/207, come modificato dalla direttiva 2002/73.

28      Orbene, come emerge dal considerando 18 della direttiva 2002/73, quest’ultima ha modificato l’articolo 6 della direttiva 76/207 per prendere in considerazione la giurisprudenza della Corte e, segnatamente, le sentenze Marshall (C‑271/91, EU:C:1993:335) nonchè Draehmpaehl (C‑180/95, EU:C:1997:208).

29      A tale riguardo occorre ricordare che, nell’ambito dell’interpretazione dell’articolo 6 della direttiva 76/207, che è stata abrogata e sostituita dalla direttiva 2006/54, la Corte ha rilevato che gli Stati membri sono tenuti ad adottare i provvedimenti necessari a consentire a tutti coloro che si ritengano lesi da una discriminazione contraria a detta direttiva di far valere in giudizio i propri diritti. Tale obbligo presuppone che i detti provvedimenti siano sufficientemente efficaci per conseguire lo scopo perseguito dalla direttiva 76/207 e possano essere effettivamente fatti valere dagli interessati dinanzi ai giudici nazionali (v. sentenze Marshall, C‑271/91, EU:C:1993:335, punto 22, e Paquay, C‑460/06, EU:C:2007:601, punto 43).

30      Secondo la giurisprudenza della Corte, il suddetto articolo 6 non impone agli Stati membri una sanzione determinata in caso di trasgressione del divieto di discriminazione, ma lascia loro la libertà di scegliere fra le varie soluzioni atte a conseguire lo scopo della direttiva 76/207, in relazione alle diverse situazioni che possono presentarsi (v. sentenze von Colson e Kamann, 14/83, EU:C:1984:153, punto 18; Marshall, C‑271/91, EU:C:1993:335, punto 23, nonché Paquay, C‑460/06, EU:C:2007:601, punto 44).

31      Tuttavia, i provvedimenti atti a ristabilire l’effettiva parità di possibilità devono assicurare una tutela giurisdizionale effettiva e efficace ed avere nei confronti del datore di lavoro un effetto dissuasivo reale (v. sentenze von Colson e Kamann, 14/83, EU:C:1984:153, punti 23 e 24; Draehmpaehl, C‑180/95, EU:C:1997:208, punto 25, nonché Paquay, C‑460/06, EU:C:2007:601, punto 45).

32      Siffatti imperativi presuppongono necessariamente la presa in considerazione delle caratteristiche proprie di ogni singolo caso di trasgressione del principio di parità. Orbene, nell’ipotesi di licenziamento discriminatorio, il ristabilimento della situazione di parità non potrebbe realizzarsi senza una riassunzione del soggetto discriminato, o, alternativamente, un risarcimento in denaro per il danno subìto (sentenza Marshall, C‑271/91, EU:C:1993:335, punto 25).

33      Infine, secondo la giurisprudenza della Corte, qualora il provvedimento adottato per conseguire lo scopo di ristabilire la parità di possibilità sia il risarcimento in denaro, esso deve essere adeguato, nel senso che deve consentire un’integrale riparazione del danno effettivamente subìto a seguito del licenziamento discriminatorio, sulla base delle pertinenti norme nazionali (v. sentenze Marshall, C‑271/91, EU:C:1993:335, punto 26, e Paquay, C‑460/06, EU:C:2007:601, punto 46).

34      Conseguentemente, emergeva dalle disposizioni dell’articolo 6 della direttiva 76/207, tanto nella sua versione originale quanto nella sua versione modificata, nonché dalla giurisprudenza della Corte citata ai punti da 29 a 33 della presente sentenza, che l’effetto dissuasivo reale perseguito da tale articolo 6 non implicava l’attribuzione alla persona lesa a causa di una discriminazione fondata sul sesso di danni punitivi ulteriori rispetto alla riparazione integrale dei danni effettivamente subiti e che costituiscano un provvedimento sanzionatorio.

35      Tale constatazione è supportata dalla natura alternativa, nel caso di licenziamento discriminatorio, della riparazione dei danni concessa sotto forma pecuniaria, come indicato al punto 32 della presente sentenza.

36      Come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 32 delle sue conclusioni, non è intervenuto alcun cambiamento sostanziale nel diritto dell’Unione per cui l’articolo 18 della direttiva 2006/54 debba, a tale riguardo, essere oggetto di un’interpretazione diversa da quella dell’articolo 6 della direttiva 76/207.

37      Pertanto, occorre constatare che, secondo l’articolo 6 della direttiva 76/207, affinché il danno subìto a causa di una discriminazione fondata sul sesso sia effettivamente riparato o indennizzato in modo dissuasivo e proporzionato, l’articolo 18 della direttiva 2006/54 impone agli Stati membri che optano per la forma pecuniaria di introdurre nei rispettivi ordinamenti giuridici nazionali disposizioni che prevedano il versamento alla persona lesa di un risarcimento che copra integralmente il danno subìto, secondo le modalità da questi fissate, ma non il versamento di danni punitivi.

38      Del resto, l’articolo 25 della direttiva 2006/54 enuncia che gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni nazionali di attuazione della medesima direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Tale articolo prevede parimenti che le sanzioni, che «possono prevedere un risarcimento dei danni», devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.

39      Conseguentemente, mentre l’articolo 18 della direttiva 2006/54 è volto ad imporre l’indennizzo o la riparazione del danno subìto dalla persona lesa, emerge dal testo dell’articolo 25 di tale direttiva che quest’ultimo conferisce agli Stati membri la facoltà di adottare provvedimenti volti a sanzionare la discriminazione fondata sul sesso sotto forma di risarcimento alla vittima.

40      Pertanto, l’articolo 25 della direttiva 2006/54 permette, ma non impone, agli Stati membri di adottare provvedimenti che prevedano il versamento di danni punitivi alla vittima di una discriminazione fondata sul sesso.

41      Nello stesso senso, l’articolo 27, paragrafo 1, di tale direttiva prevede che gli Stati membri possono introdurre o mantenere, per quanto riguarda il principio della parità di trattamento, disposizioni più favorevoli di quelle fissate nella direttiva stessa.

42      Nel caso di specie, il giudice del rinvio rileva che la nozione di «danni punitivi» non esiste in diritto spagnolo.

43      In tali condizioni, in assenza di una disposizione dell’ordinamento nazionale che permetta il versamento di danni punitivi ad una persona lesa da una discriminazione fondata sul sesso, l’articolo 25 della direttiva 2006/54 non prevede che il giudice nazionale possa esso stesso condannare l’autore della suddetta discriminazione a risarcire danni di tale tipo.

44      Occorre aggiungere che, supponendo che uno Stato membro decida di adottare misure che permettano di attribuire danni punitivi alla persona discriminata, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i criteri che consentano di determinare l’entità della sanzione, purché i principi di equivalenza e di effettività siano rispettati (v., per analogia, sentenze Manfredi e a., da C‑295/04 a C‑298/04, EU:C:2006:461, punto 92; Donau Chemie e a., C‑536/11, EU:C:2013:366, punti da 25 a 27, nonché Hirmann, C‑174/12, EU:C:2013:856, punto 40).

45      Risulta da quanto precede che occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 18 della direttiva 2006/54 deve essere interpretato nel senso che, affinché il danno subìto a causa di una discriminazione fondata sul sesso sia effettivamente riparato o indennizzato in modo dissuasivo e proporzionato, tale articolo impone agli Stati membri che optano per la forma pecuniaria di introdurre nei rispettivi ordinamenti giuridici nazionali, secondo le modalità da questi fissate, disposizioni che prevedano il versamento alla persona lesa di un risarcimento che copra integralmente il danno subìto.

 Sulle spese

46      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

L’articolo 18 della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, deve essere interpretato nel senso che, affinché il danno subìto a causa di una discriminazione fondata sul sesso sia effettivamente riparato o indennizzato in modo dissuasivo e proporzionato, tale articolo impone agli Stati membri che optano per la forma pecuniaria di introdurre nei rispettivi ordinamenti giuridici nazionali, secondo le modalità da questi fissate, disposizioni che prevedano il versamento alla persona lesa di un risarcimento che copra integralmente il danno subìto.

La Redazione

Autore: La Redazione

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