Consulta: non equiparabili i cassaintegrati “a zero ore” con i disoccupati
Con ordinanza n. 256 del 5 dicembre 2019 la Corte Costituzionale, dando ragione ad un accertamento dell’Inps relativo al riconoscimento di sgravi contributivi in favore delle aziende che avevano assunto lavoratori disoccupati, ha affermato che non sono assolutamente equiparabili i lavoratori in Cigs “a zero ore” con i soggetti disoccupati in attesa di occupazione, in quanto i primi, che fruiscono del trattamento integrativo, sono sospesi dal lavoro, sia pure completamente, ma sono in attesa di riprendere l’attività lavorativa.
Fonte: Corte Costituzionale
ORDINANZA N. 256/2019 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Giorgio LATTANZI; Giudici : Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 118, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)», e dell’art. 1, comma 178, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», promosso dal Tribunale ordinario di Trento, sezione per le controversie di lavoro, nel procedimento vertente tra la Silvelox Europe spa e l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), con ordinanza del 31 maggio 2018, iscritta al n. 179 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell’anno 2018. Visti gli atti di costituzione della Silvelox Europe spa e dell’INPS, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell’udienza pubblica del 22 ottobre 2019 il Giudice relatore Giulio Prosperetti; uditi gli avvocati Claudio Damoli per la Silvelox Europe spa, Lelio Maritato per l’INPS e l’avvocato dello Stato Alfonso Peluso per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto che, con ordinanza in data 31 maggio 2018, il Tribunale ordinario di Trento, sezione per le controversie di lavoro, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. l, comma 118, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)», e dell’art. l, comma 178, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», che dispongono un esonero contributivo in caso di assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato effettuate, rispettivamente, nell’anno 2015 e nell’anno 2016, nella parte in cui stabiliscono che «[l]’esonero […] spetta ai datori di lavoro in presenza delle nuove assunzioni […], con esclusione di quelle relative a lavoratori che nei sei mesi precedenti siano risultati occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro […]»; che il giudice rimettente premette di essere chiamato a decidere il ricorso proposto dalla Silvelox Europe spa avverso un avviso di addebito con cui l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) aveva richiesto il pagamento di un importo complessivo di euro 590.358,28, di cui euro 573.163,56 a titolo di contributi a favore del Fondo gestione aziende con lavoratori dipendenti e sanzioni, nonché euro 17.194,72 a titolo di oneri di riscossione, ritenendo non spettanti le agevolazioni contributive previste dalle due disposizioni censurate di cui la società si era avvalsa per assunzioni, con contratto di lavoro a tempo indeterminato effettuate, rispettivamente, nel 2015 e nel 2016, di lavoratori già beneficiari di trattamento straordinario di integrazione salariale, quali dipendenti della Silvelox spa, non essendo essi privi di occupazione nei sei mesi precedenti l’assunzione come richiesto dalle disposizioni in esame; che, in ordine alla rilevanza della questione, il giudice a quo ritiene che il tenore delle disposizioni denunciate condurrebbe a ritenere fondata la richiesta avanzata dall’INPS; che il rimettente esclude la possibilità, prospettata dalla società ricorrente, di una interpretazione costituzionalmente orientata, secondo cui l’espressione «lavoratori non occupati» utilizzata dal legislatore nelle disposizioni in oggetto ricomprenderebbe anche i lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinaria (d’ora in avanti: CIGS) sospesi dall’attività lavorativa “a zero ore”, in quanto anch’essi sarebbero sostanzialmente privi di occupazione data l’assenza di prestazione lavorativa; che, secondo il giudice a quo, a tale interpretazione osta la diversità della condizione del lavoratore non occupato rispetto a quella del lavoratore beneficiario del trattamento straordinario di integrazione salariale; che, quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente ritiene che le disposizioni in esame siano, tuttavia, lesive del principio di razionalità sancito dall’art. 3 Cost., in quanto comporterebbero la inapplicabilità dei benefici contributivi in caso di assunzione di lavoratori già beneficiari del predetto trattamento, pur versando tali lavoratori in una situazione peculiare assimilabile a quella dei lavoratori disoccupati, per cui la loro assunzione con contratto a tempo indeterminato realizzerebbe le finalità di promozione di occupazione stabile perseguite dal legislatore con i suddetti benefici; che l’INPS, costituitosi nel giudizio incidentale con atto depositato l’8 gennaio 2019, ha dedotto l’infondatezza della questione; che, in particolare, l’Istituto rappresenta che il legislatore, là dove ha previsto agevolazioni contributive in caso di assunzioni, ha individuato la platea dei soggetti beneficiari indicandoli in modo diretto e specifico; che, ad avviso dell’INPS, il rimettente incorrerebbe, inoltre, in una erronea identificazione tra fattispecie diverse e in una distorsione della ratio dello strumento della CIGS, caratterizzato da una funzione conservativa del rapporto di lavoro del dipendente beneficiario del relativo trattamento; che, pertanto, vi è una netta distinzione, sia sotto il profilo giuridico che sostanziale, tra la posizione del lavoratore sospeso per intervento della cassa integrazione guadagni, il cui rapporto di lavoro persiste, rispetto al lavoratore inoccupato; che la parte privata si è costituita nel giudizio incidentale con atto depositato l’8 gennaio 2019; che, in via preliminare, la Silvelox Europe spa ha riproposto l’interpretazione costituzionalmente orientata prospettata nel giudizio principale, evidenziando che i lavoratori assunti, già collocati in CIGS “a zero ore” presso la Silvelox spa, verserebbero in uno stato di non occupazione giuridicamente assimilabile allo stato di disoccupazione e che, pertanto, la loro assunzione realizzerebbe la finalità di promozione di forme di occupazione stabile perseguita dall’intervento legislativo in esame; che, in via subordinata, la parte privata ha aderito alle argomentazioni del giudice rimettente a sostegno della dedotta questione di legittimità costituzionale; che, in particolare, la Silvelox Europe spa ha asserito che considerare “occupati” i lavoratori sospesi in CIGS “a zero ore” senza possibilità di ripresa dell’attività lavorativa, significherebbe trattare in maniera differente soggetti che di fatto, ma anche giuridicamente, sono in situazioni analoghe, ovvero omogenee, quali sono i “formalmente” disoccupati e i lavoratori fruitori del trattamento straordinario di integrazione salariale, essendo anche questi ultimi privi di occupazione; che, secondo la parte privata, le disposizioni in esame, ove impedissero la fruizione degli sgravi contributivi in caso di assunzione con contratto a tempo indeterminato di lavoratori collocati in CIGS “a zero ore” beneficiari nel semestre precedente, sarebbero altresì lesive dei principi dettati dagli artt. 4 e 38 Cost.; che, pertanto, ad avviso della parte privata, le disposizioni sarebbero costituzionalmente illegittime, nella parte in cui escludono l’applicabilità dei previsti benefici contributivi in caso di assunzione di lavoratori sospesi dal lavoro “a zero ore”, per essere stata ammessa la società datrice alla CIGS per una delle seguenti causali: cessazione di attività, procedura concorsuale e trattamento in deroga; che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto in giudizio con atto depositato l’8 gennaio 2019; che, in via preliminare, ha eccepito la inammissibilità della questione, poiché il rimettente richiederebbe una pronuncia creativa, laddove le discipline in esame sono frutto di scelte di natura politico-legislativa la cui concreta attuazione è rimessa alla discrezionalità del legislatore ordinario; che, nel merito, l’Avvocatura generale dello Stato ha dedotto la infondatezza della questione, poiché i rilievi formulati nell’ordinanza non consentirebbero di ravvisare profili di irragionevolezza nell’intervento normativo in esame, in quanto i lavoratori sospesi “a zero ore” e beneficiari del trattamento straordinario di integrazione salariale nel semestre precedente non sono equiparabili ai lavoratori privi di occupazione nel medesimo lasso temporale, stante la diversità delle condizioni e la funzione conservativa del rapporto di lavoro svolta dalla CIGS; che in prossimità dell’udienza l’INPS e la parte privata hanno depositato memorie nelle quali hanno richiamato le argomentazioni e le conclusioni già rassegnate nei rispettivi atti di costituzione. Considerato che il Tribunale ordinario di Trento, sezione per le controversie di lavoro, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. l, comma 118, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)», e dell’art. l, comma 178, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», che dispongono un esonero contributivo in caso di assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato effettuate, rispettivamente, nell’anno 2015 e nell’anno 2016, nella parte in cui stabiliscono che «[l]’esonero […] spetta ai datori di lavoro in presenza delle nuove assunzioni […], con esclusione di quelle relative a lavoratori che nei sei mesi precedenti siano risultati occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro […]»; che, secondo il rimettente, le due disposizioni censurate escludono in modo irragionevole e, dunque, lesivo del principio posto dall’art. 3 Cost., dal diritto all’esonero contributivo, previsto in caso di assunzioni con contratti di lavoro a tempo indeterminato stipulati, rispettivamente, per l’anno 2015 e per l’anno 2016, i «datori di lavoro che abbiano proceduto all’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori, i quali nei sei mesi precedenti erano alle dipendenze a tempo indeterminato di altro datore, ma i cui rapporti erano sospesi a zero ore per essere quel datore stato ammesso alla integrazione salariale straordinaria in ragione della possibilità di un parziale riassorbimento occupazionale ad opera di altro imprenditore non assoggettato ai vincoli previsti dall’art. 2112 cod. civ. o per inapplicabilità della norma o per effetto di negozi abdicativi dei lavoratori determinati esclusivamente dall’indisponibilità dell’imprenditore subentrante, accertata in sede sindacale, ad assumere tutti i lavoratori sospesi»; che, in particolare, secondo il rimettente, non sarebbe ragionevole non riconoscere gli esoneri contributivi in oggetto al datore di lavoro che assuma lavoratori beneficiari di trattamento straordinario di integrazione salariale “a zero ore”, in quanto, attesa la incertezza delle prospettive di ripresa dell’attività lavorativa, essi si troverebbero in una situazione di occupazione “non stabile”, sicché la loro assunzione, nel garantire una nuova e certa occupazione, realizzerebbe la finalità perseguita dalle misure legislative in esame, volte a promuovere forme di occupazione stabile; che l’esame della questione va condotto esclusivamente in riferimento alla violazione dell’art. 3 Cost. nei termini prospettati dal rimettente, non essendo ammissibili gli ulteriori parametri dedotti dalla parte privata; che la questione è manifestamente infondata; che il rimettente pone a base della dedotta censura di costituzionalità una identità di condizioni tra il lavoratore disoccupato e il lavoratore in cassa integrazione guadagni straordinaria (d’ora in avanti: CIGS) “a zero ore”, assumendo che anche quest’ultimo verserebbe in una situazione di “occupazione non stabile”, sicché la sua assunzione realizzerebbe la finalità perseguita dalle disposizioni in esame di favorire forme di occupazione stabile; che tale assunto non trova riscontro né sotto il profilo giuridico, né sotto quello fattuale, in ragione della profonda diversità delle condizioni del lavoratore beneficiario del trattamento straordinario di integrazione salariale e del soggetto disoccupato o inoccupato; che difatti, in relazione alle due condizioni, operano due diversi sistemi di ammortizzatori sociali, rispettivamente, quello «in costanza di rapporto di lavoro», come rivisitato dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 (Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183), e quello operante «in caso di disoccupazione involontaria», come disciplinato dal decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 (Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183); che, in sintesi, anche in caso di fruizione di trattamento straordinario di integrazione salariale “a zero ore”, il rapporto di lavoro, ancorché sospeso nei suoi principali obblighi sinallagmatici, concernenti la prestazione lavorativa e la retribuzione, sostituita dalla prescritta indennità a carico dell’INPS, continua a produrre altri effetti ed obblighi, quali: la computabilità, ai sensi dell’art. 2120, terzo comma, del codice civile, nella retribuzione utile ai fini della determinazione del trattamento di fine rapporto dell’equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro; il riconoscimento della valenza previdenziale del periodo di sospensione dal lavoro tramite l’istituto della contribuzione figurativa, calcolata sulla base della retribuzione globale cui è riferita l’integrazione salariale; il mantenimento degli obblighi di fedeltà, correttezza e buona fede (ex plurimis, Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenze 5 marzo 2008, n. 5929 e 5 agosto 2004, n. 15129); che questa stessa Corte ha già avuto modo di rilevare la diversità strutturale tra la posizione del lavoratore in CIGS e quella del lavoratore licenziato e, dunque, disoccupato (sentenza n. 184 del 2000); che, in tale occasione, è stata altresì evidenziata la funzione svolta dalla CIGS, che presuppone la prospettiva della ripresa dell’attività lavorativa, e il mantenimento a questo fine del rapporto di lavoro; che la rilevata funzione permane anche ove ricorrano le condizioni per l’ammissione alla CIGS per le specifiche causali “cessazione di attività”, “procedura concorsuale” e “trattamento in deroga” che, secondo la parte privata, configurerebbero invece una situazione sostanzialmente analoga alla disoccupazione, giacché anche per l’ammissione alla CIGS per tali causali l’ordinamento contempla l’esigenza che vi siano prospettive di ripresa dell’attività lavorativa con conseguente recupero occupazionale dei lavoratori interessati dall’intervento di integrazione salariale; che, peraltro, la valutazione sulle effettive prospettive di ripresa dell’attività lavorativa ha carattere strettamente fattuale, correlata al diverso atteggiarsi delle specifiche, concrete fattispecie, sicché nemmeno sotto tale profilo può ritenersi che l’assunzione di lavoratori sospesi “a zero ore” risponda, in modo sistemico e generalizzato, alle finalità di promozione di occupazione stabile perseguita dagli interventi legislativi in esame; che, del resto, il legislatore ha espressamente previsto specifiche misure di promozione dell’occupazione di lavoratori beneficiari del trattamento straordinario di integrazione salariale tramite benefici contributivi in caso di loro assunzione, stabilendone di volta in volta condizioni e requisiti, come nel caso: delle agevolazioni previste dall’art. 4, comma 3, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, recante «Interventi urgenti a sostegno dell’occupazione», convertito, con modificazioni, nella legge 19 luglio 1993, n. 236; dei benefici previsti dall’art. 8, comma 9, della legge 29 dicembre 1990, n. 407, recante «Disposizioni diverse per l’attuazione della manovra di finanza pubblica 1991-1993», che hanno trovato applicazione fino alla disposizione soppressiva di cui all’art. 1, comma 121, della stessa legge n. 190 del 2014; dell’esonero stabilito dall’art. 24-bis del citato d.lgs. n. 148 del 2015; che, alla stregua della evidenziata diversità, non solo giuridica ma anche sostanziale, tra la condizione del lavoratore beneficiario del trattamento di CIGS e quella del soggetto privo di occupazione a tempo indeterminato da più di sei mesi, le disposizioni in esame non travalicano i limiti di razionalità, ragionevolezza e congruità; che, difatti, non può ritenersi che il legislatore abbia fatto cattivo uso della propria discrezionalità nel disporre che i previsti esoneri contributivi si applichino solo in caso di assunzione di soggetti privi di occupazione a tempo indeterminato da più di sei mesi, in quanto essi versano in una oggettiva situazione di particolare svantaggio; che, conseguentemente, le disposizioni in esame non integrano la dedotta lesione dell’art. 3 Cost. per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. l, comma 118, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)», e dell’art. l, comma 178, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», nella parte in cui stabiliscono che «[l]’esonero […] spetta ai datori di lavoro in presenza delle nuove assunzioni […], con esclusione di quelle relative a lavoratori che nei sei mesi precedenti siano risultati occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro […]», sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Trento, sezione per le controversie di lavoro, con l’ordinanza in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2019. F.to: Giorgio LATTANZI, Presidente Giulio PROSPERETTI, Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 5 dicembre 2019. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA |