ConfprofessioniLavoro: Il trattamento economico (focus sul Ccnl)
articolo di approfondimento di ConfprofessioniLavoro
“Il trattamento economico del lavoratore è disciplinato dai titoli XXVII (art. 117), XXVIII (artt. 118-124) e XXIX (artt. 125-126) del Ccnl degli studi professionali.
Il contratto di lavoro subordinato è un negozio giuridico oneroso – come stabilito dall’art. 2094 c.c. – e a prestazioni corrispettive, o sinallagmatico, nel quale una parte ha diritto alla prestazione della controparte in quanto adempiente l’obbligazione pattuita. La sua causa consiste dunque nello scambio tra la messa a disposizione di energie lavorative in posizione subordinata e la retribuzione. Cosicché il datore è tenuto a corrispondere la retribuzione non solo quando l’attività lavorativa sia concretamente eseguita, ma anche laddove egli stesso impedisca colpevolmente o rifiuti senza un motivo validamente apprezzabile la prestazione regolarmente offerta dal dipendente.
In accordo all’art. 2126 c.c., il trattamento retributivo è dovuto anche nell’ipotesi di contratto di lavoro invalido per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo il caso di illiceità dell’oggetto o della causa. La ratio della norma consiste nella necessità di salvaguardare il lavoratore che abbia già adempiuto la propria obbligazione – attesa la natura infungibile della stessa e la sua irripetibilità – nell’ipotesi che il rapporto contrattuale sia inficiato ab origine da una causa di invalidità.
Il mancato pagamento della retribuzione è giustificato solo da fatti integranti causa di forza maggiore che comportino un’assoluta impossibilità di utilizzazione delle energie del lavoratore (eventi naturali, sciopero, occupazione dell’azienda ecc.), ovvero da uno stato di crisi aziendale tale da rendere necessario il ricorso agli ammortizzatori sociali.
In ottemperanza di quanto sancito dall’art. 36 Cost., il trattamento retributivo deve essere “proporzionato alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Da una parte, quindi, la remunerazione deve essere adeguata alla durata, alla qualità, alla responsabilità, all’importanza della prestazione lavorativa, tenendo anche conto dei requisiti di professionalità richiesti; dall’altra, non può essere inferiore alla soglia minima tale da assicurare la soddisfazione delle concrete esigenze personali e familiari. La retribuzione è normalmente considerata dalla giurisprudenza sufficiente e proporzionata quando è pari o superiore ai minimi contrattuali di categoria, essendo questi ultimi ritenuti di per sé idonei a garantire il rispetto dei citati criteri costituzionali.” continua la lettura dell’articolo