Cassazione: annullabilità verbale di conciliazione ex art. 411 cpc

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Con sentenza n. 8260 del 30 marzo 2017, la Corte di Cassazione ha affermato che un verbale redatto in sede sindacale ex art. 411 cpc (ma la stessa cosa si può affermare anche per gli altri verbali sottoscritti ex art. 410 cpc o avanti ad una Commissione di certificazione) può essere annullato se al lavoratore, in modo malizioso, sono state nascoste alcune circostanze che lo hanno indotto a sottoscrivere la conciliazione.

Nel caso di specie il lavoratore, dopo una procedura collettiva di riduzione di personale terminata con un accordo ove quale criterio per la riduzione, era stato individuato quello della “volontarietà “, aveva sottoscritto una conciliazione accettando, nella sostanza, l’esodo volontario, ritenendo che la sua postazione lavorativa fosse eliminata.

Il datore di lavoro, aveva, successivamente, proceduto all’assunzione di altro lavoratore destinato a svolgere le stesse mansioni di quello che aveva accettato l’esodo.

La Cassazione ha stabilito che “nell’accordo il silenzio serbato da una delle parti a situazioni di interesse della controparte e la reticenza, qualora l’inerzia della parte si inserisca in un complesso comportamento adeguatamente preordinato, con malizia o astuzia, a realizzare l’inganno perseguito, determinando l’errore del deceptus, integrando gli estremi del dolo omissivo, assume rilevanza ex art. 1439 c.c. “.

Gli artifici e raggiri, così come la reticenza o il silenzio, in caso di dolo omissivo o commissivo, continua la Corte, debbono essere valutati in relazione alle particolari circostanze di fatto, alla qualità ed alle condizioni soggettive dell’altra parte.

La Redazione

Autore: La Redazione

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