Articolo: Contratti a termine dopo il riordino della disciplina (1^ parte)

approfondimento di Eufranio Massi – Esperto di Diritto del Lavoro

 

Estratto dal n. 40/2015 di Diritto & Pratica del Lavoro (Settimanale IPSOA)

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Diritto_pratica_lavoro“Il decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 144 del 24 giugno 2015, ed entrato in vigore il giorno successivo, ha avuto il merito di riordinare in un unico testo le tipologie contrattuali diverse dal rapporto a tempo indeterminato pieno, di risolvere alcune questioni controverse sia sotto l’aspetto amministrativo che giurisprudenziale e di eliminare, di conseguenza, un gran numero di disposizioni specifiche, spesso sovrappostesi nel tempo, presenti nel nostro ordinamento.
Di conseguenza, anche il D.Lgs. n. 368/2001 (peraltro, soggetto, nei suoi quattordici anni di vita, a numerose modifiche ed interpolazioni) ha seguito la stessa sorte ed è stato sostituito da una serie di articoli che vanno dal 19 al 29 ed è auspicabile che, almeno per un certo periodo, il Legislatore si fermi.
Alcune premesse, prima di entrare nel merito degli specifici problemi si rendono necessarie.
La legge 16 maggio 2014, n. 78, che ha convertito, con modificazioni, il D.L. n. 34/2014, ha rappresentato, nel nostro ordinamento lavoristico, una sorta di “spartiacque” per quel che riguarda la disciplina dei contratti a termine: si è giunti, infatti, al traguardo di un percorso iniziato, timidamente, con l’art. 28 della legge n. 221/2012 in favore delle c.d. “start up innovative” per l’assunzione a tempo determinato del personale e, proseguito, in maniera più incisiva, con le leggi n. 92/2012, n. 99/2013 e, soprattutto, con la contrattazione collettiva, anche di secondo livello, sviluppatasi a partire dal 28 giugno 2013, data di entrata in vigore del D.L. n. 76.
Le ragioni giustificatrici che hanno costituito il “perno” della materia non ci sono più e la loro assenza influisce anche sull’istituto della proroga (peraltro, molto ampliato e diverso), non più ancorato alle ragioni oggettive e, da ultimo, con le modifiche apportate dall’art. 21 D.Lgs. n. 81/2015, alla stessa attività.
Si è trattato di un passaggio epocale, che appare, tuttavia, in linea con la Direttiva comunitaria n. 1999/70/Ce e con l’accordo quadro sottoscritto tra Ces, Unice e Ceep (è sufficiente il solo requisito del limite massimo fissato a trentasei mesi, rispetto ai tre possibili ipotizzati anche in alternativa) e che postula un profondo ripensamento dell’istituto, rispetto al quale molti altri aspetti sono stati toccati: ci si riferisce ai limiti numerici legali prima non esistenti, al momento della verifica degli stessi, alle proroghe non più correlate ai singoli contratti, all’introduzione di una sanzione amministrativa applicabile in caso di sforamento della percentuale massima, all’informazione sui diritti di precedenza ed alle nuove previsioni in favore delle donne in astensione obbligatoria per maternità.
Ovviamente, una particolare attenzione sarà dedicata ai primi orientamenti amministrativi espressi dal Ministero del lavoro con la circolare n. 18 del 30 luglio 2014 e che appare abbastanza in linea, per certi aspetti, alle novità chiarificatrici introdotte con il D.Lgs. n. 81/2015.
L’analisi che segue riguarda, come detto, gli articoli da 19 a 29 del predetto provvedimento.
La riflessione non dimenticherà di esaminare anche alcune tipologie contrattuali “speciali” che sono fuori dall’ombrello applicativo del decreto legislativo pocanzi citato o che da tale disposizione sono parzialmente “toccate” e che tuttavia sono molto importanti: ci si riferisce, ad esempio, ai contratti a termine dei lavoratori in mobilità, a quelli dei dirigenti, a quelli dei lavoratori marittimi ed a quelli che riguardano il settore pubblico. Per quanto riguarda questa ultima tipologia, in particolare, l’apparato pubblico, estremamente variegato e “speciale”, non può, ad esempio, per evidenti motivi, accettare sia la fine delle ragioni giustificatrici che, ad esempio, la conversione automatica del rapporto a tempo indeterminato per superamento del limite massimo dei trentasei mesi, stante la previsione contenuta nell’art. 97 della Costituzione…continua la lettura

Eufranio Massi

Autore: Eufranio Massi

esperto in Diritto del Lavoro - relatore a corsi di formazione in materia di lavoro

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