Articolo: Licenziamenti disciplinari: giusta causa e valutazione della proporzionalità
approfondimento di Luisa Bergamini – Studio legale Spolverato e Soci
Estratto dal n. 38/2018 di Diritto & Pratica del Lavoro (Settimanale IPSOA)
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“Come noto la c.d. Riforma Fornero (legge 28 giugno 2012, n. 92) ha modificato la normativa sul licenziamento, intervenendo principalmente sull’art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, che disciplina i rimedi contro il licenziamento ritenuto invalido dal giudice.
Le modifiche apportate all’art. 18 non incidono, invece, sulla disciplina sostanziale delle causali del recesso datoriale. Il lavoratore infatti, né prima né dopo la riforma, può essere licenziato per motivi disciplinari, ossia per comportamenti colposi o dolosi, in mancanza di giusta causa o di giustificato motivo soggettivo, come previsto dal Codice civile (artt. 2118 e 2119 c.c.) e dalla legge 15 luglio 1966, n. 604 (art. 3).
Viceversa, la questione delle conseguenze (risarcitorie o reintegratorie) previste dall’art. 18 novellato può porsi solo in caso di accertata insussistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo soggettivo di recesso.
Tale principio, sovente trascurato – talora con esiti aberranti – dai giudici di merito, è stato nuovamente affermato dalla Suprema Corte con sentenza n. 12798 del 23 maggio 2018, che si pone così in linea di continuità con l’orientamento già espresso con il precedente del 25 maggio 2017, n. 13178, secondo cui “La questione dell’applicazione delle conseguenze (reintegratorie o risarcitorie) previste dall’art. 18 novellato può porsi solo in caso di accertata insussistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo soggettivo di recesso”.
La precisazione ribadita dalla Corte non è di poco momento in termini applicativi. Per comprenderne l’importanza è utile fare riferimento alla fattispecie da cui la pronuncia ha avuto origine.”…continua la lettura