Articolo: La responsabilità fiscale dei committenti: cosa cambia per le imprese della filiera e per i professionisti
approfondimento di Eufranio Massi per The world of il Consulente (n. 103 – anno IX – novembre 2019)
LA RESPONSABILITA’ FISCALE DEI COMMITTENTI: COSA CAMBIA PER LE IMPRESE DELLA FILIERA E PER I PROFESSIONISTI
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I committenti tornano ad essere completamente responsabili di ciò che avviene lungo la filiera produttiva decentrata: alla responsabilità solidale per quel che riguarda la contribuzione e le retribuzioni torna ad aggiungersi quelle legata alle ritenute fiscali. Ciò è avvenuto con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.L. 26 ottobre 2019, n. 214 (c.d. “collegato fiscale” alla legge di bilancio 2020).
Non si tratta di una cosa del tutto nuova in quanto, seppur con criteri diversi, era già presente nel nostro ordinamento in base alla previsione del’art. 35, comma 28, del D.L. n. 233, convertito, con modificazioni, nella legge n. 248: essa fu cancellata nel corso del 2014.
Indubbiamente, la “mossa” governativa è stata motivata dalla necessità di porre uno “stop” a forme di evasione dell’IRPEF da parte della filiera del decentramento produttivo: a ciò vanno aggiunte misure di contrasto alla elusione dell’IVA negli appalti caratterizzati da un massiccio impiego di manodopera.
Tale disposizione, per come è stata congegnata, comporterà una nuova impostazione del lavoro da parte di tutte le imprese, sia committenti che esecutrici delle prestazioni: ovviamente, tutto questo riverbererà i propri effetti sia sugli uffici amministrativi che sui professionisti (consulenti del lavoro, commercialisti, amministratori di condomini) deputati ad operare per le aziende interessate.
Fatta questa breve premessa va sottolineato come la piena operatività del nuovo sistema decorra dal 1° gennaio 2020.
Responsabilità fiscale per i committenti
Con il D.L. n. 124/2019 (art. 4) viene introdotto nel “corpus” del D.L.vo n. 241/1997 un nuovo articolo, il 17-bis, attraverso il quale si stabilisce che in tutti i casi di affidamento di un’opera o di un servizio (appalto, affidamento,subappalto e, come ricorda la relazione tecnica di accompagnamento, subfornitura ed in tutti gli altri contratti ove si realizza un decentramento produttivo, compresa la logistica, la spedizione ed il trasporto), il committente è tenuto a versare le ritenute IRPEF sui redditi di lavoro ed assimilati, comprese le addizionali regionali e comunali, operate dalle aziende della filiera.
I committenti gravati dai nuovi oneri non sono soltanto quelli definiti come “imprenditori” ma tutti i soggetti inseriti nell’art. 23, comma 1, del D.P.R. n. 600/1973: si tratta di Enti, imprese pubbliche e private, enti non commerciali e condomini che operano quali sostituti d’imposta: l’obbligo si riferisce soltanto ai lavoratori impiegati direttamente nell’esecuzione delle opere o dei servizi affidati. Vengono esclusi dall’obbligo soltanto i privati, come ad esempio il soggetto che, direttamente, si affida ad una impresa per ristrutturare i propri servizi all’interno della sua abitazione.
Una prima precisazione ritengo sia necessaria.
Mi riferisco al fatto che la norma parla di lavoratori impiegati direttamente nella esecuzione delle opere e dei servizi. Si tratta, quindi, di soggetti per i quali vengono applicate le ritenute fiscali (lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, a termine, part-time, apprendisti, intermittenti, ma anche collaboratori ex art. 2 del D.L.vo n. 81/2015, ex art. 409 n. 3, cpc, ex art. 2222 c.c., ecc.) ovviamente, per la sola prestazione svolta direttamente.
Questi sono i punti essenziali da osservare:
- le somme complessive da versare all’Amministrazione finanziaria entro la scadenza mensile, sono corrisposte dalle imprese appaltatrici, affidatarie e subappaltatrici nel rispetto di un termine già fissato dalla disposizione: almeno 5 giorni lavorativi prima della scadenza mensile. Ciò deve avvenire su un conto bancario o postale i cui dati di riferimento sono resi noti dal committente all’impresa affidataria o appaltatrice e da quest’ultima alle imprese subappaltatrici;
- il committente che ha ricevuto le somme necessarie per il versamento, opera di conseguenza entro la data prevista (di regola, il 16 del mese successivo) ma non può utilizzarle in compensazione: nella delega di pagamento va indicato il codice fiscale del soggetto per conto del quale il versamento è stato effettuato.
Prima del versamento, il committente deve essere messo in condizione di effettuare un riscontro circa l’ammontare degli importi ricevuti: di conseguenza, le imprese della filiera debbono trasmettere, via posta elettronica certificata, al committente (quelle subappaltatrici anche all’appaltatore) entro 5 giorni dalla scadenza del giorno per il pagamento:
- un elenco nominativo di tutti i lavoratori, con il loro codice fiscale, impiegati direttamente nel mese precedente nell’opera e nel servizio affidato, con il dettaglio delle ore prestate da ognuno di essi, e l’ammontare della retribuzione corrisposta per tale attività. Qui nasce, a mio avviso, una prima questione: per i dipendenti utilizzati in più appalti (si pensi, ad esempio, al settore delle pulizie), sarà necessario “scorporare” le ore relative ad ogni committente, non essendo, ovviamente, sufficiente la trasmissione delle ore risultanti dalla busta paga. Altra questione che potrebbe emergere e che, in caso di ispezione, potrebbe portare a conseguenze dirette per il committente in materia anche di responsabilità contributiva riguarda la constatazione del pagamento di un numero di ore lavorate il cui ammontare non corrisponde alla paga del CCNL ma ove l’importo complessivo viene “coperto”, per la parte residua, ad esempio, da una indennità di trasferta (cosa che si verifica, spesso, negli appalti ad “alta intensità lavorativa” affidati a “cooperative spurie”). A mio avviso, il committente ha la possibilità di intervenire sulla filiera, anche se ciò può portare ad ulteriori analisi amministrative;
- tutti i dati necessari per la compilazione delle deleghe di pagamento;
- i dati del bonifico già effettuato in favore del committente.
Ma, se alla data di scadenza del pagamento le imprese appaltatrici o affidatarie hanno maturato il diritto a ricevere corrispettivi, come ci si deve comportare?
Il comma 6 del nuovo articolo 17-bis afferma che possono richiedere al committente la compensazione totale o parziale delle somme necessarie alla esecuzione del versamento delle ritenute dovute dalle stesse e dalle imprese subappaltatrici, rivalendosi su tali corrispettivi..
La norma (comma 7) richiama, altresì, alcune responsabilità precise e circoscritte che sono in carico alle imprese appaltatrici e subappaltatrici: esse fanno riferimento:
- alla corretta determinazione delle ritenute ed alla corretta esecuzione delle stesse;
- al versamento, senza alcuna possibilità di compensazione, allorquando entro i 5 giorni lavorativi antecedenti la scadenza del pagamento, non abbiano provveduto alla esecuzione del versamento delle somme dovute nei confronti del committente o non abbiano trasmesso a quest’ultimo la richiesta di compensazione relativa a crediti maturati per l’opera ed il servizio prestati o non abbiano trasmesso i dati obbligatori richiamati dal comma 5.
Per quel che concerne, invece, i committenti (comma 8) la responsabilità è, in un certo senso, speculare e riguarda:
- il versamento delle ritenute effettuate dalle imprese della filiera entro il limite dei bonifici ricevuti ed entro la scadenza legale e dei corrispettivi maturati a favore delle imprese appaltatrici ed affidatarie e non corrisposti alla stessa data, nonché, integralmente, qualora non abbiano indicato alle stesse gli estremi del conto corrente bancario o postale sul quale effettuare il versamento.
Ma cosa succede se le imprese della filiera rimangono “inerti”, nel senso che non effettuano alcuni dei passaggi fondamentali richiesti dalla disposizione (trasmissione dei dati, dei bonifici, o richiesta al committente, per una compensazione di crediti inesistenti o inesigibili)?
Il committente (comma 9) ha il potere di “stoppare” il pagamento dei corrispettivi maturati vincolando le somme al pagamento delle ritenute eseguite dandone comunicazione, entro 90 giorni, all’Agenzia delle Entrate competente per territorio: non è possibile, secondo la previsione normativa, alcuna azione esecutiva promossa dalle imprese appaltatrici od affidatarie fino a quando non sia stato onorato il versamento delle ritenute fiscali. E’ possibile, tuttavia, il c.d. “ravvedimento operoso” ex art. 13 del D.L.vo n. 472/1997 (comma 10), laddove entro i 90 giorni successivi alla scadenza del termine le imprese della filiera effettuino i versamenti dovuti, trasmettendo i dati richiesti o richiedano la compensazione di crediti maturati presso il committente nel frattempo riconosciuti: gli interessi e le sanzioni vengono addebitati al committente.
Quest’ultimo, dopo aver effettuato i versamenti per conto delle imprese appaltatrici ed affidatarie, comunica, via pec, alle stesse, l’avvenuto pagamento, entro i successivi 5 giorni. Si tratta di un passaggio importante in quanto se le aziende della filiera non hanno ricevuto tale comunicazione sono obbligate a far presente la situazione all’Agenzia delle Entrate.
Ma, le imprese della filiera possono eseguire direttamente il versamento delle ritenute comunicando tale opzione al committente, in presenza di alcuni requisiti che, in ogni caso, vanno comunicati a quest’ultimo?
La risposta è positiva in presenza di due condizioni che debbono sussistere contemporaneamente ed essere posseduti alla data “dell’ultimo giorno del mese precedente” a quello della scadenza delle ritenute:
- debbono essere in attività da almeno 5 anni (ne sono, quindi, esclusi quei soggetti imprenditoriali che “nascono e muoiono” appositamente entro tale periodo come, sovente, avviene, nella logistica, nella macellazione e nella trasformazione dei prodotti), oppure che nei 2 anni antecedenti abbiano versato nel conto fiscale importi superiori a 2 milioni di euro;
- non abbiano iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi relativi a tributi e contributi previdenziali superiori a 50.000 euro, per i quali non siano stati accordati provvedimenti di sospensione.
I commi 13 e 14 del nuovo articolo 17-bis gravano l’Agenzia delle Entrate del compito di realizzare, attraverso canali telematici, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione, una serie di adempimenti, tra cui la certificazione delle imprese che possono eseguire direttamente il versamento delle ritenute fiscali (comma 12) e, possibili, modalità alternative per la trasmissione telematica delle informazioni intercorrenti tra il committente e le imprese della filiera.
Il possesso della c.d. “certificazione” da parte delle imprese della filiera è un requisito molto importante in quanto può rappresentare un fattore di tranquillità per i committenti che, quindi, sono in grado di scegliere tra i diversi possibili soggetti imprenditoriali ai quali affidare le c.d. “attività decentrate” quelli che, sotto l’aspetto fiscale, presentano requisiti di affidabilità: tutto questo potrebbe agevolare l’esclusione dalle prestazioni di soggetti imprenditoriali che non possiedono i requisiti indicati alle lettere a) e b).
Al comma 15, anche con riferimento alle imprese appaltatrici, affidatarie e subappaltatrici che effettuano il pagamenti diretto delle ritenute fiscali viene, tassativamente, esclusa la facoltà di avvalersi della compensazione concernenti i contributi previdenziali, assistenziali ed assicurativi relativi ai loro dipendenti impiegati nell’opera o nel servizio e maturati durante l’esecuzione del contratto.
Nei confronti dei soggetti obbligati (comma 16) che non eseguono, in tutto o in parte i versamenti alle scadenze dovute, trova applicazione la sanzione amministrativa prevista dall’art. 13, comma 1, del D.L.vo n. 471/1997 (30% per ogni importo non versato: per i versamenti effettuati con un ritardo compreso in 90 giorni, l’importo è ridotto della metà. Per i versamenti effettuati entro i 15 giorni dalla scadenza, la sanzione è ulteriormente ridotta ad un importo pari a 1/15 per ciascun giorno di ritardo). Il successivo comma 17 afferma, inoltre che, a chiunque, obbligato, che non esegua alle prescritte scadenze, il versamento delle ritenute, trova applicazione l’art. 10-bis del D.L.vo n. 74/2000, con le relative soglie di punibilità il quale afferma che: “è punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta dovute sulla base della stessa dichiarazione risultante dalla certificazione rilasciata ai sostituti, per un ammontare superiore a 150.000 euro per ciascun periodo d’imposta”.
Fin qui i contenuti dell’art. 17-bis del D.L.vo n. 241/1997.
A completamento dell’art. 4 mancano due commi: il primo stabilisce che le nuove disposizioni entrino in vigore il 1° gennaio 2020.
Reverse Charge per l’IVA
Con il secondo comma viene introdotta una forte stretta fiscale sui contratti ove viene previsto un forte impiego di manodopera: il tutto avviene con l’inserimento di una norma all’interno del comma 6 dell’art. 17 del D.P.R. n. 633/1972, finalizzata alla introduzione del meccanismo del “reverse charge”.
Nei contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti, comunque, caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi del committente (ad esempio, macellazione, gestione delle mense aziendali, logistica, ecc.) e con l’utilizzo di beni strumentali di quest’ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma, l’IVA viene pagata direttamente dal committente: fanno eccezione le operazioni effettuate nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni e degli Enti e società individuati dal’art. 17-ter del D.P.R. n. 633/1972 e delle Agenzie per il Lavoro. Nella sostanza, si tratta di un’aggiunta che avviene, al comma 6, con la lettera “a – quinquies” ove già erano previste le prestazioni di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento degli edifici, oltre ai subappalti in edilizia. Nello specifico la relazione tecnica di accompagnamento rileva come in tali settori “critici” si registri una sistematica omissione dell’IVA o l’azzeramento della stessa attraverso l’utilizzo di fatture false a fronte della detrazione di imposta da parte del committente con il c.d. “salto d’imposta”, con un evidente vantaggio riscontrabile nei minori costi sostenuti.
L’Esecutivo avverte, con la disposizione che sto commentando, che la nuova ipotesi di “reverse charge” si riferisce alle prestazioni di servizi diverse da quelle già da quelle indicate dalle lettere da a) ad a-quater) ove sono indicate fattispecie che rientrano, a pieno titolo, nella inversione di IVA come le prestazioni edili, la demolizione e l’installazione di impianti.
Cosa succederà?
Vedremo, anche perché per la piena efficacia di tale disposizione occorrerà attendere l’autorizzazione del Consiglio dell’Unione Europea secondo la previsione contenuta nell’art. 395 della Direttiva 2006/112.
Considerazioni finali
L’Esecutivo, attraverso tale provvedimento, intendere combattere l’evasione fiscale che, in alcuni settori particolarmente critici, raggiunge picchi impressionanti: la sistematica omissione di versamenti dovuti serve a soggetti privati scarsamente patrimonializzati e, sovente, costituiti per lo scopo, a comprimere il prezzo offerto.
Di qui la costruzione di un impianto, estremamente articolato e, per certi versi, “pesante” che rende i committenti responsabili nella tutela dei crediti erariali sulle ritenute dei lavoratori dipendenti delle imprese ove si realizza un decentramento produttivo dell’attività.
Tutto questo, necessariamente, comporterà una nuova organizzazione nelle Amministrazioni e nelle imprese interessate (non solo i committenti, ma anche le aziende esecutrici nella filiera) che saranno investite di nuovi compiti, legati a scadenze ben precise sia per quel che concerne l’invio dei dati, che la provvista economica che, infine, il versamento delle ritenute fiscali.
Le conseguenze di tali nuovi oneri si riverbereranno, necessariamente, anche sui professionisti (commercialisti, consulenti del lavoro, amministratori di condomini – per questi ultimi si pensi ai servizi di pulizia o agli appalti legati, ad esempio, a lavori di ripulitura delle “facciate”, facilitati dalle deduzioni fiscali-) che affiancano le imprese nella loro opera e che, a scadenze prestabilite, dovranno trasmettere una serie di dati relativi ai dipendenti utilizzati ed al numero delle ore lavorate per quell’opera o servizio che dovranno essere “scorporate” su più committenti, laddove gli stessi vengano utilizzati presso diversi appalti o subappalti o in altre attività ove si riscontra un decentramento dell’attività, secondo gli indirizzi indicati dalla Corte Costituzionale in materia di responsabilità economica, con la sentenza n. 254/2017.
Molte cose dovranno essere chiarite come, ad esempio, se la disposizione trovi o meno applicazione anche nei casi degli appalti transnazionali di cui parla il D.L.vo n. 136/2016: a mio avviso, ferme restando le indicazioni che perverranno dalla Agenzia delle Entrate, la risposta dovrebbe essere negativa, laddove le ritenute fiscali della impresa straniera siano versate ad uno Stato estero.
L’architettura “normativa” creata dall’Esecutivo appare abbastanza complessa e piena di procedure “obbligate”: particolarmente penalizzante appare la possibilità, negata al committente ed alle imprese, di avvalersi della compensazione con altri crediti anche di natura previdenziale od assicurativa, cosa che può, in alcuni casi, incidere, notevolmente, sulla liquidità delle aziende.
Il committente viene “arruolato” dalla Amministrazione finanziaria e, con tale ulteriore onere, diviene responsabile, a pieno titolo, di quanto avviene nella filiera, sol che si pensi alla responsabilità solidale per i contributi previdenziali ed assicurativi ed a quella di natura economica nei confronti dei dipendenti delle imprese della filiera (per quest’ultima entro i 2 anni dalla cessazione dell’appalto), senza la possibilità della preventiva escussione del “vero” datore di lavoro, secondo la previsione dell’art. 29 del D.L.vo n. 276/2003.
Per tali ultime responsabilità già il committente utilizza una serie di riscontri e di documenti forniti dalle imprese esecutrici dei lavori (DURC, LUL, pagamenti mensili quietanziati, ecc.) che, peraltro, non assicurano una piena tranquillità (penso alle ipotesi di “lavoratori in nero” che, ovviamente, non risultano dal DURC, ai lavoratori sotto inquadrati, ai dipendenti che vantano compensi per lavoro straordinario non riconosciuto, ecc.).
C’è, indubbiamente, un “modus operandi” che impone nuovi controlli e responsabilizza, ancora di più, i committenti che se, ad esempio, vedono ritenute non conformi alle ore “prestate”, potrebbero avere più di un dubbio sulla entità dei compensi stipendiali corrisposti e per i quali, in ultima analisi, qualora chiamati in causa, rispondono direttamente: indubbiamente, è facile prevedere come tali oneri aggiuntivi di verifica si “scarichino” sui professionisti che curano la contabilità legata alle prestazioni lavorative dei propri clienti.
Indubbiamente, pur non essendo direttamente interessati dalle novità, la nuova procedura riguarda da vicino anche gli ispettori del lavoro che, in sinergia con la Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate, possono avere maggiori elementi a disposizione, finalizzati alla verifica della legittimità delle prestazioni lavorative “decentrate” comunque denominate.