Articolo: dimissioni del lavoratore – il ruolo delle Direzioni territoriali del lavoro
approfondimento di Eufranio Massi per Generazione Vincente
“Con un chiarimento affidato alla nota n. 1765 del 24 marzo 2016, nell’intento di superare alcune difficoltà operative emerse nei primi giorni di applicazione della nuova procedura di formulazione delle dimissioni, il Ministero del Lavoro, operando una “forzatura” sullo stretto dettato normativo (ma, a mio avviso, restando sempre all’interno della volontà del Legislatore delegato), ha affermato che, allorquando la disposizione si riferisce alle commissioni di certificazione quali sedi idonee per “fare” le dimissioni o la risoluzione consensuale del rapporto, la stessa va intesa come “sede di ubicazione”. Di qui la possibilità che il presidente dell’organo collegiale che è il Dirigente della Direzione territoriale del Lavoro, direttamente, o mediante un funzionario dell’Ufficio delegato, munito delle credenziali di accesso a clic lavoro (che l’Amministrazione centrale si è affrettata ad attribuire) possa, previo riconoscimento dell’interessato (per il quale, in questo caso, non è necessario il PIN INPS), procedere alla formulazione delle dimissioni con l’efficacia legale prevista dall’art. 26 del D.L.vo n. 151/2015.
Con questa operazione, indirettamente, le Direzioni territoriali del Lavoro diventano soggetto “abilitato” a recepire la volontà del lavoratore che, senza condizionamenti, esprime la propria volontà di recedere “ante tempus” dal contratto, ricreandosi, in tal modo, la situazione “quo ante” (mi riferisco a ciò che affermava l’art. 4, comma 17, della legge n. 92/2012, ora abrogato) laddove il funzionario dell’Ufficio interveniva, però, in sede di “convalida”. Quasi sicuramente, proprio per dare dignità a questa soluzione amministrativa, in sede di revisione della norma, postulata dallo stessa legge n. 183/2014, che dovrebbe avvenire entro il 24 settembre 2016, si provvederà a riformulare la disposizione, magari anche includendo una soluzione operativa laddove ci si trovi di fronte ad un lavoratore che non compie la procedura e dove, di fatto, ci si trova di fronte a recessi dal rapporto “per fatti concludenti”, cosa ammessa dalla stessa Cassazione sulla base della normativa allora vigente (Cass., 10 giugno 1998, n. 5776; Cass., 27 agosto 2003, n. 12549; Cass., 16 maggio 2011, n. 10733)….continua la lettura“