Agenzia Entrate: tassazione dei redditi da lavoro dipendente in vigore tra Italia e Svizzera

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 370 del 4 luglio 2023, ha fornito ulteriori chiarimenti in merito alla tassazione dei redditi da lavoro dipendente ai sensi della Convenzione contro le doppie imposizioni in vigore tra l’Italia e la Svizzera in caso di trasferimento di residenza in corso d’anno.

 

 La Risposta dell’Agenzia delle Entrate

In via preliminare, si conferma, come già evidenziato dall’Istante, che l’accertamento dei presupposti per stabilire l’effettiva residenza fiscale costituisce una questione di fatto che non può essere oggetto di istanza di interpello ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 212 del 2000.

Si rileva, in particolare, che il riscontro sulla residenza, sia ai sensi delle disposizioni contenute nell’articolo 2 del TUIR, sia in base a quelle recate nelle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni, non può essere operato in questa sede, richiedendo la verifica di elementi fattuali che esulano dall’istituto dell’interpello ordinario, la cui funzione consulenziale ne limita l’ambito ai soli casi in cui ricorra un’incertezza interpretativa attinente alla norma tributaria (c.d. ”interpello ordinario puro”), ovvero alla qualificazione giuridico­tributaria della fattispecie (c.d. ”interpello ordinario qualificatorio”).

Infatti, come affermato più volte nei documenti di prassi, sono escluse dall’area dell’interpello tutte quelle ipotesi che, coerentemente alla natura, alle finalità dell’istituto ed alle regole istruttorie di lavorazione delle istanze, sono caratterizzate da una spiccata ed ineliminabile rilevanza dei profili fattuali riscontrabili dalla stessa amministrazione finanziaria solo in sede di accertamento, come le questioni involgenti problemi collegati alla residenza delle persone fisiche (Cfr. Circolare 1 aprile 2016 n. 9/E, e Risoluzione 3 dicembre 2008, n. 471/E).

Il medesimo principio è stato, peraltro, affermato dalla giurisprudenza di legittimità che, nel sostenere la cedevolezza del requisito formalistico dell’iscrizione anagrafica rispetto all’approccio sostanziale previsto nelle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni, presuppone sempre l’accertamento di situazioni di fatto (Cfr. Cassazione Civile n. 26638 del 10 novembre 2017 e n. 20285 del 23 maggio 2013).

Pertanto la seguente risposta si basa sui fatti e sui dati così come prospettati nell’istanza di interpello, fermo restando, in capo al competente Ufficio finanziario, l’ordinario potere di verifica e di accertamento nei confronti dell’Istante.

Ciò premesso, si rileva come l’articolo 2, comma 2, del TUIR consideri fiscalmente residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta, cioè per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.

Le condizioni sopra indicate sono tra loro alternative e la sussistenza anche di una sola di esse per la maggior parte del periodo d’imposta è sufficiente a far ritenere che un soggetto sia qualificato, ai fini fiscali, residente in Italia.

Solo per completezza si ricorda che, ai sensi del comma 2­bis dell’articolo 2 del TUIR, si considerano comunque residenti, salvo prova contraria, anche i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con Decreto Ministeriale 4 maggio 1999.

Come chiarito nel paragrafo 2 della Circolare del Ministero delle Finanze del 24 giugno 1999, n. 140, la residenza fiscale è ritenuta, in via presuntiva, sussistente per coloro che siano anagraficamente emigrati in uno degli anzidetti Stati o territori senza dimostrare l’effettività della nuova residenza.

Il predetto comma 2­bis non ha creato un ulteriore status di residenza fiscale bensì, attraverso l’introduzione di una presunzione legale relativa, ha diversamente ripartito l’onere probatorio fra le parti, ponendolo a carico dei contribuenti trasferiti, al fine di evitare che le risultanze di ordine meramente formale prevalgano sugli aspetti sostanziali.

Pertanto, anche a seguito della formale iscrizione all’AIRE, nei confronti di cittadini italiani trasferiti in Svizzera continua a sussistere una presunzione (relativa) di residenza fiscale in Italia per effetto del citato articolo 2, comma 2­bis, del TUIR, in  quanto la Svizzera è inserita nella lista degli Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato di cui al Decreto Ministeriale 4 maggio 1999.

Ciò posto, si rileva che, sulla base degli elementi di fatto rappresentati in istanza, la Contribuente dovrebbe, in ogni caso, essere considerata, ai sensi della vigente normativa interna italiana, residente nel nostro Paese per l’annualità x, in quanto iscritta nelle anagrafi della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta.

Tanto chiarito sotto il profilo della normativa italiana, occorre, tuttavia, considerare le disposizioni internazionali contenute in accordi conclusi dall’Italia con gli Stati esteri.

Come osservato dall’Istante, il principio della prevalenza del diritto convenzionale  sul diritto interno è, difatti, pacificamente riconosciuto nell’ordinamento italiano e, in ambito tributario, è sancito dall’articolo 169 del TUIR e dall’articolo 75 del D.P.R. del 29 settembre 1973, n. 600, oltre ad essere stato affermato dalla giurisprudenza costituzionale.

Stante la fattispecie sopra descritta, con riferimento al Quesito 1, si osserva che, qualora ­ in applicazione delle rispettive normative interne ­ l’Istante dovesse essere considerata fiscalmente residente sia in Svizzera sia in Italia nel periodo 1 giugno ­ 31 dicembre dell’anno x, si dovrà far riferimento alle disposizioni contenute nella citata Convenzione contro le doppie imposizioni in  vigore tra la Svizzera e l’Italia.

La Convenzione stabilisce all’articolo 4, paragrafo 2, conformemente al Modello OCSE di Convenzione, le c.d. tie breaker rules per dirimere eventuali conflitti di residenza tra tali Stati contraenti. Dette regole fanno prevalere il criterio dell’abitazione permanente cui seguono, in ordine gerarchico, il centro degli interessi vitali, il soggiorno abituale e la nazionalità del Contribuente.
Ancora, come anticipato dall’Istante, si ricorda che la Convenzione, in accordo con le raccomandazioni formulate nel paragrafo 10 del Commentario all’articolo 4 del Modello OCSE di Convenzione, reca una disposizione che prevede esplicitamente la soluzione al problema della doppia residenza mediante il frazionamento del periodo d’imposta, in caso di trasferimento da uno Stato all’altro nel corso del medesimo periodo d’imposta.

In particolare, l’articolo 4, paragrafo 4, della Convenzione stabilisce che la persona fisica che trasferisce definitivamente il suo domicilio da uno Stato contraente all’altro Stato ”cessa di essere assoggettata nel primo Stato contraente alle imposte per le quali il domicilio è determinante non appena trascorso il giorno del trasferimento del domicilio. L’assoggettamento alle imposte per le quali il domicilio è determinante inizia nell’altro Stato a decorrere dalla stessa data”.

Nella fattispecie in esame, poiché il trasferimento definitivo del domicilio dell’Istante in Svizzera è avvenuto nel corso dell’anno x, troverà applicazione la richiamata disposizione convenzionale con conseguente assoggettamento ad imposizione in Italia del reddito conseguito fino al 31 maggio dell’anno x (giorno del trasferimento definitivo, secondo quanto dichiarato dalla stessa Istante), mentre a partire dal giorno successivo a quello del trasferimento della sede principale degli affari e degli interessi della Contribuente in Svizzera, l’Amministrazione italiana non potrà esercitare
nessuna pretesa impositiva sui redditi ivi prodotti.

Pertanto, nel presupposto della veridicità e completezza delle affermazioni e della documentazione fornite dall’Istante (si ribadisce che il requisito della residenza risulta non verificabile in questa sede), i redditi dalla stessa percepiti a fronte dello svolgimento dell’attività di lavoro dipendente in Italia dall’inizio del periodo d’imposta e fino al 31 maggio dell’anno x, dovranno assoggettarsi a tassazione esclusiva nel territorio dello Stato, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della Convenzione e, analogamente, i redditi ritratti dall’attività di lavoro dipendente svolta in Svizzera nel periodo 1 giugno (giorno successivo a quello del trasferimento del domicilio dall’Italia alla Svizzera) ­ 31 dicembre dell’anno x dovranno essere assoggettati ad imposizione esclusiva in Svizzera
e non sconteranno alcuna tassazione nel nostro Paese né dovranno essere inseriti nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno d’imposta x.

In riferimento al Quesito 2 posto dall’Istante, con cui quest’ultima chiede di conoscere lo Stato in cui assoggettare a tassazione i redditi da lavoro dipendente generati in Svizzera nel periodo d’imposta x+1, si osserva quanto segue.

Nell’assunto (si ribadisce, non verificabile in questa sede) di una residenza fiscale in Italia dell’Istante sino al 31 maggio dell’anno x ed in Svizzera a partire dal 1 giugno dell’anno x, l’articolo 3, comma 1, del TUIR prevede che ”l’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell’articolo 10 e per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato”.

Si rileva, pertanto, che, in base alla suddetta disposizione del TUIR, applicata alla fattispecie sopra descritta, i redditi di lavoro dipendente prodotti dall’Istante in Svizzera nell’anno x+1 sono assoggettati ad imposizione esclusiva nella Confederazione Elvetica e, quindi, non sono sottoposti a tassazione in Italia, anche ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della Convenzione, in quanto percepiti da un residente nel suddetto Stato estero, a fronte di un’attività lavorativa svolta nello stesso Paese.

Per le suddette ragioni, l’Istante non sarà tenuta nell’anno x+2 a presentare nel nostro Paese la dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta x+1 a meno che, nel corso di tale annualità, la Contribuente non abbia prodotto in Italia redditi individuati dall’articolo 23 del TUIR.

 

Fonte: Agenzia Entrate

La Redazione

Autore: La Redazione

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