Agenzia Entrate: reddito di lavoro dipendente – trattamento fiscale delle somme liquidate in sentenza
L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 222 del 29 marzo 2021, ha fornito chiarimenti in merito al trattamento fiscale che devono avere le somme liquidate in sentenza.
La risposta dell’Agenzia delle Entrate
Preliminarmente, si osserva che il Tribunale adìto con la sentenza de quo ha riconosciuto l’instaurazione del rapporto di lavoro tra l’Azienda sanitaria istante e il medico specialista ambulatoriale, nonché rilevato che “l’Accordo Collettivo Nazionale che disciplina sotto il profilo economico, giuridico ed organizzativo l’esercizio delle attività professionali tra i medici specialisti ambulatoriali interni e le Aziende Ospedaliere, precisa che gli specialisti operano in regime di parasubordinazione“.
Ciò considerato, nella fattispecie in esame, il rapporto di lavoro con l’Azienda istante genera, fiscalmente, nei confronti del ricorrente reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, ai sensi dell’articolo 50, comma 1, lett. c-bis, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir).
Al riguardo, il successivo articolo 52 del Tuir, disciplinante la «Determinazione dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente», al comma 1 dispone che «Ai fini della determinazione dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente si applicano le disposizioni dell’articolo 51 salvo quanto disposto di seguito specificato ».
Rilevato che il citato articolo 50 del Tuir nulla dispone in relazione ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, la soluzione interpretativa da adottare per la fattispecie prospettata dall’Istante si basa su quanto disposto dall’articolo 51 del Tuir.
Al riguardo, il predetto articolo, al comma 1, nel disciplinare le modalità di determinazione del reddito di lavoro dipendente, stabilisce il principio dell’onnicomprensività, secondo cui tutte «le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro costituiscono reddito di lavoro dipendente».
Ciò considerato e in base a quanto illustrato preliminarmente, nella fattispecie in esame, le somme liquidate in sede giurisdizionale costituiscono, per il percipiente, reddito assimilato a quello di lavoro dipendente in base al principio di onnicomprensività.
Al riguardo, si fa presente che ai sensi dell’articolo 24, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, coloro che, rivestendo lo status di sostituto d’imposta, «corrispondono redditi di cui all’art. 50, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, devono operare all’atto del pagamento degli stessi, con obbligo di rivalsa, una ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche sulla parte imponibile di detti redditi, determinata a norma dell’art. 52 del predetto testo unico».
Considerato che la sentenza, nel definire gli importi complessivamente spettanti al ricorrente, nulla ha disposto in merito agli obblighi del sostituto d’imposta circa la non applicazione di ritenute fiscali, si ritiene che l’Istante sulle somme liquidate dal Tribunale dovrà operare le ritenute d’acconto a titolo di Irpef così come previsto dall’articolo 24 del d.P.R. n. 600 del 1973.
In relazione alla modalità e alla misura della tassazione, si fa presente che il Tribunale adìto, nel dichiarare l’illegittimità della revoca dell’incarico assegnato, ha ” Ritenuto che, vertendosi in ipotesi di incarico a tempo indeterminato per 38 ore settimanali, con il trattamento giuridico ed economico previsto dall’ACN 17.12.2015 la richiesta risarcitoria di Euro 50,000,00, da stimarsi in via equitativa secondo valori attuali, possa ritenersi congrua“.
Tale motivazione consente di considerare l’importo liquidato in sentenza quale arretrato di reddito di lavoro dipendente, dal momento che le somme da corrispondere al ricorrente, seppur stimate in via equitativa, sono state calcolate in base alla retribuzione che sarebbe spettata a quest’ultimo in base al trattamento economico previsto dall’Accordo Collettivo Nazionale.
Al riguardo, si fa presente che, ai sensi dell’articolo 17 del Tuir, l’imposta, così come determinata dal successivo articolo 21, si applica separatamente sugli emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente, compresi i compensi e le indennità di cui al comma 1 dell’articolo 50, percepiti per effetto di sentenze e riferibili ad anni precedenti.
Inoltre, il terzo periodo del citato articolo 24 del d.P.R. n. 600 del 1973 dispone che nell’operare le ritenute «Si applicano, in quanto compatibili, tutte le disposizioni dell’art. 23 e, in particolare, i commi 2, 3 e 4».
Ai fini in esame, si osserva che l’articolo 23, comma 2, lett. c), del d.P.R n. 600 del 1973, prevede che la «ritenuta da operare è determinata (…) sugli emolumenti arretrati relativi ad anni precedenti di cui all’art. 17, comma 1, lettera b), del citato testo unico, con i criteri di cui all’art. 21, dello stesso testo unico, intendendo per reddito complessivo netto l’ammontare globale dei redditi di lavoro dipendente corrisposti dal sostituto al sostituito nel biennio precedente, effettuando le detrazioni previste negli artt. 12 e 13 del medesimo testo unico».
Qualora in uno degli anni precedenti l’erogazione non vi è stato reddito imponibile, il comma 2 dell’articolo 21 del Tuir prevede che i applichi «l’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto dell’altro anno; se non vi è stato reddito imponibile in alcuno dei due anni si applica l’aliquota stabilita all’art. 11 per il primo scaglione di reddito».
In base a quanto rappresentato, pertanto, l’Azienda sanitaria istante, in sede di erogazione della somma liquidata dal Tribunale adito, è tenuta ad operare, ai sensi del combinato disposto degli articoli 24, comma 1, e 23, comma 2, lett. c), del d.P.R. n. 600 del 1973 la ritenuta a titolo d’acconto Irpef con l’aliquota determinata ai sensi dell’articolo 21 del Tuir.
La natura risarcitoria della somma liquidata in favore del ricorrente non osta all’applicazione delle ritenute a titolo di Irpef.
Infatti, ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del Tuir «I proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento dei danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti».
L’Amministrazione finanziaria con risoluzione 24 maggio 2002, n. 155/E ha precisato che in tema di risarcimento danni o indennizzi percepiti da un soggetto, è principio generale quello per cui laddove l’indennizzo vada a compensare, in via integrativa o sostitutiva, la mancata percezione di redditi di lavoro, ovvero il mancato guadagno, le somme corrisposte, in quanto sostitutive di reddito, vanno assoggettate a tassazione (cd. lucro cessante).
Viceversa, laddove il risarcimento erogato voglia indennizzare il soggetto delle perdite effettivamente subite (c.d. danno emergente), ed abbia la precipua funzione di reintegrazione patrimoniale, tale somma non sarà assoggettata a tassazione. Infatti, in quest’ultimo caso assume rilevanza assoluta il carattere risarcitorio del danno alla persona del soggetto leso e manca una qualsiasi funzione sostitutiva o integrativa di eventuali trattamenti retributivi.
Sulla base di quanto affermato, le somme liquidate dal Tribunale adìto, volte “a rifondere alla parte ricorrente i danni subiti“, sono da considerarsi imponibili dal momento che, seppur stimate in via equitativa, sono calcolate in ragione del ” trattamento giuridico ed economico previsto dall’ACN 17.12.2015” e, pertanto, non sono volte a risarcire un danno emergente.
Fonte: Agenzia Entrate