Agenzia Entrate: MBO convertito in welfare e mancata detassazione

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 77/E del 20 marzo 2025, fornisce alcuni chiarimenti in merito alla quota di retribuzione variabile (cd. ”MBO”) correlata e quantificata in base al raggiungimento di obiettivi aziendali e/o collettivi, convertita dal dipendente in prestazioni di Welfare. In particolare, se possa essere esclusa da imposizione ai sensi del comma 2 lettere a), f), f bis), f ter) e d bis) e del comma 3, ultima parte, dell’articolo 51, del d.P.R n. 917 del 1986 (TUIR).

 

La risposta dell’Agenzia delle Entrate

L’articolo 51, comma 1, del TUIR, statuisce che costituiscono reddito di lavoro dipendente ”tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”.

Pertanto, sia gli emolumenti in denaro, sia i valori corrispondenti ai beni e/o     ai servizi percepiti dal dipendente in relazione al rapporto di lavoro costituiscono, in linea generale, redditi imponibili e concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente (c.d. principio di onnicomprensività).

Il medesimo articolo 51 individua al comma 2 e all’ultimo periodo del comma  3, specifiche deroghe, elencando le opere, i servizi, le prestazioni e i rimborsi spesa  che non concorrono a formare la base imponibile o vi concorrono solo in parte, sempreché l’erogazione in natura non si traduca in un aggiramento degli ordinari criteri di determinazione del reddito di lavoro dipendente in violazione dei principi di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione.

In altri termini, la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente deve essere coordinata col principio di onnicomprensività che, riconducendo nell’alveo di tale categoria reddituale tutto ciò che il dipendente percepisce in relazione al rapporto di lavoro, riconosce l’applicazione residuale delle predette deroghe, in ragione anche della circostanza che i benefit ivi previsti non sempre assumono una connotazione strettamente reddituale.

Pertanto, cosi come riportato nella risoluzione 55/E/2020, qualora tali benefit rispondano a finalità retributive (ad esempio, per incentivare la performance del lavoratore o di ben individuati gruppi di lavoratori), il regime di totale o parziale esenzione non può trovare applicazione.

L’articolo 1, commi da 182 a 190, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di Stabilità 2016) prevede una disciplina agevolativa dei premi di risultato che rispettano determinati requisiti. In particolare, il comma 182 prevede che «Salva espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro, sono soggetti a una imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 10 per cento, entro il limite di importo complessivo di 3.000 euro lordi, i premi di risultato    di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base di criteri definiti con il decreto di cui al comma 188, nonché le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa».

La conversione dei premi di risultato di cui al citato comma 182 è espressamente riconosciuta dal comma 184, il quale prevede che «Le somme e i valori di cui al comma 2 e all’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 51 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, non concorrono, nel rispetto dei limiti ivi indicati, a formare il reddito di lavoro dipendente, né sono soggetti all’imposta sostitutiva disciplinata dai commi da 182 a 191, anche nell’eventualità in cui gli stessi siano fruiti, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme  di cui al comma 182. Le somme e i valori di cui al comma 4 del medesimo articolo 51 concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente secondo le regole ivi previste e non sono soggetti all’imposta sostitutiva disciplinata dai commi da 182 a 191 del presente articolo, anche nell’eventualità in cui gli stessi siano fruiti, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui al comma 182».

Sul punto, la circolare 15 giugno 2016, n. 28/E, al paragrafo 3, chiarisce che il dato testuale del comma 184, nel confermare la detassazione dei benefit, fa riferimento all’ipotesi in cui i beni e i servizi indicati nell’articolo 51, commi 2 e 3 ultimo periodo, del TUIR siano fruiti in sostituzione delle somme di cui al comma 182 ovvero dei premi di risultato e degli utili, altrimenti soggetti all’imposta sostitutiva.

Nel medesimo documento di prassi è stato chiarito che «la portata del citato comma 184, limitata ai soli premi di risultato e agli utili assoggettabili ad imposta sostitutiva richiamati al comma 182, risulta, inoltre, confermata dal fatto che non sono presenti né nella relazione tecnica alla legge di Stabilità né nel Decreto elementi che possano far emergere una diversa volontà del legislatore».

Pertanto, la disposizione secondo cui i beni e servizi di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 51 del Tuir restano detassati anche se fruiti in sostituzione di somme resta limitata all’ipotesi in cui ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:

  • le somme costituiscano premi o utili riconducibili al regime agevolato (articolo 1, comma 182, della legge di Stabilità per il 2016);
  • la contrattazione di secondo livello attribuisca al dipendente la facoltà di convertire i premi o gli utili in benefit di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 51 del TUIR.

La disposizione agevolativa di cui al comma 184 non trova, dunque, applicazione nel caso di conversione tra remunerazione monetaria e benefit prevista al di fuori delle condizioni stabilite per l’applicazione dell’imposta sostitutiva di cui al comma 182 della legge di Stabilità 2016.

Ciò posto, dall’esame della documentazione esibita e della relativa descrizione riportata in istanza e nella risposta di cui alla richiesta integrativa, appare evidente che le prestazioni di Welfare che la società intende erogare costituiscano parte integrante   di un sistema premiale incentivante che prevede l’erogazione di specifici premi al raggiungimento di determinati obiettivi, di carattere collettivo o individuale, convertibili, a scelta del dipendente, in alcune tipologie di benefit.

La finalità di tale sistema incentivante appare chiaramente quella di incentivare la performance, più che la fidelizzazione del dipendente lavoratore all’azienda.

Va  altresì rilevato che, in base al comma 2 della citata disposizione, ai fini della detassazione occorre che i benefit siano messi a disposizione della ”generalità dei dipendenti” o di ”categorie di dipendenti”. Al riguardo, l’Amministrazione Finanziaria ha più volte precisato che il legislatore, a prescindere dall’utilizzo dell’espressione ”alla generalità dei dipendenti” ovvero a ”categorie di dipendenti”, non riconosce l’applicazione delle disposizioni tassativamente elencate nel comma 2 ogni qual volta le somme o servizi ivi indicati siano rivolti ad personam, ovvero costituiscano dei vantaggi solo per alcuni e ben individuati lavoratori (vedasi circolari del Ministero delle Finanze 23 dicembre 1997, n. 326 e 16 luglio 1998, n. 188; nonché circolari Agenzia delle Entrate 16 giugno 2016, n. 28/E e 29 marzo 2028 n. 5/E).

La citata prassi ha ulteriormente chiarito che l’espressione ”categorie di dipendenti” utilizzata dal legislatore non va intesa soltanto con riferimento alle categorie previste nel codice civile (dirigenti, operai, etc.), bensì a tutti i dipendenti di un certo ”tipo” o di un certo ”livello” o ”qualifica” (ad esempio tutti gli operai del turno di notte), ovvero ad un gruppo omogeneo di dipendenti, anche se alcuni di questi non fruiscono di fatto delle ”utilità” previste.

Il sistema incentivante MBO con possibilità di conversione di somme di denaro in  alcune  tipologie  di  benefit,  come  descritto  nel  quesito,  non  soddisfa  le citate caratteristiche. Non è infatti possibile rintracciare tra i destinatari dello stesso la caratteristica della ”generalità” o della ”categoria” di dipendenti.

In effetti, i soggetti destinatari del welfare sono dipendenti ”individuati” dalla società per essere assoggettati a valutazione della performance che possono, a determinate condizioni, convertire parte del premio di risultato, ottenuto attraverso il raggiungimento di indici di performance, in welfare aziendale.

In particolare, la popolazione teorica interessata è pari a circa il 61% con qualifica Quadro e del 3% con qualifica di Impiegato. Tali  soggetti sono identificati e definiti   in base alla mansione ricoperta in termini di complessità, di responsabilità, ambito di riferimento, collocazione organizzativa e valutazione manageriale del responsabile della struttura di appartenenza.

Da ultimo, appare opportuno richiamare, in quanto conferente rispetto al caso   di specie, la Risoluzione n. 55/E del 2020 nella parte in cui viene chiarito che ”(…) Resta fermo che nell’ipotesi in cui il Piano welfare fosse alimentato anche da somme costituenti retribuzione fissa o variabile degli aderenti ­ fatta salva l’ipotesi disciplinata dall’articolo 1, commi 182 a 189, della legge 28 dicembre 2015 ­ ovvero la parte di credito welfare non utilizzato si convertisse in denaro, rimarrebbe impregiudicata la rilevanza reddituale dei ”valori” corrispondenti ai servizi offerti agli stessi in base alle ordinarie regole dettate per la determinazione del reddito di lavoro dipendente (…)

Alla luce delle predette considerazioni, si ritiene che la disciplina di cui al comma 2 e al comma 3 ultima parte, dell’articolo 51 del TUIR non sia applicabile al sistema incentivante MBO convertito in prestazioni di Welfare, descritto dall’Istante.

Le predette disposizioni, derogatorie del principio di onnicomprensività stabilito dal comma 1 dell’articolo 51 del TUIR, avendo carattere agevolativo, non sono estensibili a fattispecie diverse da quelle previste normativamente, tra le quali non è compresa l’ipotesi di applicazione in sostituzione di retribuzioni, altrimenti imponibili, in base ad una scelta dei soggetti interessati.

Non appare coerente, infatti, con la ratio sottesa alle disposizioni in materia di redditi di lavoro dipendente, consentire la riduzione dei redditi imponibili, fino al completo abbattimento degli stessi, in ragione della tipologia di retribuzione (in denaro o in natura) scelta dai soggetti interessati.

 

Fonte: Agenzia Entrate

La Redazione

Autore: La Redazione

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