Agenzia Entrate: credito di imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo
L’Agenzia delle Entrate ha emanato la risoluzione n. 21 del 20 febbraio 2017, con la quale fornisce l’interpretazione all’art. 3 del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145 in merito al credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo.
In particolare, l’Agenzia delle Entrate, prendendo spunto dal quesito inoltrato, ripercorre tutta la materia riguardante il credito di imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
L’articolo 3, comma 1, del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145 (convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9), come novellato dall’articolo 1, comma 35, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (di seguito articolo 3), riconosce a tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, “a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019”, un credito di imposta per investimenti in misura pari al 25 per cento “delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015”.
Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico del 27 maggio 2015 (di seguito “decreto attuativo”), sono state disciplinate le modalità attuative dell’agevolazione rispetto alla quale la scrivente ha fornito i primi chiarimenti interpretativi con la circolare n. 5/E del 16 marzo 2016.
L’articolo 3, al comma 4, e l’articolo 2 del decreto attuativo delimitano l’ambito oggettivo dell’agevolazione, elencando le attività di ricerca e sviluppo agevolabili.
Inoltre, ai fini della determinazione del credito di imposta, l’articolo 3, al comma 6, e l’articolo 4 del decreto attuativo individuano gli investimenti ammissibili, connessi allo svolgimento delle attività di ricerca e sviluppo eleggibili, rappresentati da:
– costi per l’assunzione di personale altamente qualificato impiegato nell’attività di ricerca (lettera a);
– quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio (lettera b):
– spese relative a contratti di ricerca c.d. extra-muros, stipulati con Università, enti di ricerca ed altre imprese, comprese le start-up innovative di cui all’articolo 25 del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179 (lettera c);
– spese di acquisizione delle competenze tecniche e privative industriali (lettera d).
Per le spese relative all’assunzione di personale altamente qualificato (lettera a) e per quelle relative a contratti di ricerca c.d. extra-muros (lettera c), il comma 7 dell’articolo 3 prevede che il credito di imposta spetta nella misura del 50 per cento delle medesime.
Per completezza di informazione, si rappresenta che la legge di bilancio 2017 (articolo 1, commi 15 e 16, della legge 11 dicembre 2016, n. 232) ha prorogato di un anno il periodo di tempo nel quale possono essere effettuati gli investimenti ammissibili (i.e., fino al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2020) e ha potenziato il beneficio prevedendo, inter alia, con decorrenza dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016:
– l’applicazione di un’aliquota unica del credito di imposta, pari al 50 per cento, a prescindere dalla tipologia di investimenti effettuati;
– l’ammissibilità delle spese relative a tutto il “personale impiegato nell’attività di ricerca e sviluppo” non essendo più richiesto il requisito di specializzazione di cui al comma 6 lettera a) dell’articolo 3, secondo il quale detto personale doveva essere “altamente qualificato”;
– l’incremento a 20 milioni di euro (dagli originari 5 milioni di euro) dell’importo massimo annuale del credito di imposta spettante a ciascun beneficiario.
Quanto al meccanismo concreto di determinazione del beneficio, in base al comma 2 dell’articolo 5 del decreto attuativo, il credito di imposta è riconosciuto a condizione che la spesa complessiva per investimenti in attività di ricerca e sviluppo, effettuata in ciascun periodo di imposta in relazione al quale si intende fruire dell’agevolazione, ecceda la media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015 e, in base al successivo comma 3 dell’articolo 5 citato, compete nella misura del “50 per cento della spesa incrementale relativa ai costi di cui alle lettere a) e c)” e del “25 per cento della spesa incrementale relativa ai costi di cui alle lettere b) e d)”.
Per quanto riguarda la valorizzazione di detti costi, come espressamente chiarito nella circolare n. 5/E del 2016, gli stessi vanno assunti al lordo di altri contributi pubblici o agevolazioni ricevuti sui medesimi costi, attesa l’assenza di un divieto di cumulo dell’agevolazione in questione con altre misure di favore. In ogni caso, l’importo risultante dal cumulo non può essere superiore ai costi sostenuti.
L’imputazione temporale degli investimenti in ricerca e sviluppo ad uno dei periodi di imposta di vigenza dell’agevolazione e ai singoli periodi di imposta rilevanti per il calcolo della media avviene secondo le regole generali di competenza fiscale, previste dall’articolo 109 del TUIR, a prescindere dalla circostanza che il soggetto beneficiario applichi tali criteri per la determinazione del proprio reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito.
Nel richiamato documento di prassi, viene altresì chiarito che, al fine di garantire l’omogeneità dei valori comparati, i criteri adottati per l’individuazione e il computo degli investimenti ammissibili all’agevolazione valgono anche per l’individuazione degli investimenti degli esercizi precedenti da assumere ai fini del raffronto.
Inoltre, sempre in ottemperanza al richiamato principio di omogeneità dei valori, i sopraindicati criteri di valorizzazione dei costi al lordo del contributo e di imputazione temporale valgono anche ai fini della individuazione dei costi rilevanti per il calcolo della media di raffronto.
Tanto premesso, in riferimento al dubbio interpretativo rappresentato dall’interpellante, circa la riconducibilità degli investimenti effettuati nell’ambito di quelli ammissibili all’agevolazione, sulla base degli elementi di valutazione forniti dalla società istante, sia in sede di istanza di interpello che a seguito della richiesta di documentazione integrativa, si svolgono le seguenti considerazioni.
In via preliminare, si rappresenta che la società interpellante pone a presupposto dell’istanza l’aver effettuato investimenti ammissibili al beneficio in quanto connessi ad un’attività riconducibile nell’ambito della “ricerca agevolabile”.
Al riguardo, si evidenzia che con la citata circolare n. 5/E del 2016, dopo aver delimitato il perimetro oggettivo della “ricerca agevolabile” (par. 2.1), è stato specificato che, rispetto a quanto indicato nel documento di prassi, ulteriori indagini riguardanti la effettiva riconducibilità di specifiche attività aziendali ad una delle attività di ricerca e sviluppo ammissibili, elencate analiticamente dalle norme richiamate, comportano accertamenti di natura tecnica che involgono la competenza del Ministero dello Sviluppo economico (di seguito Mi.S.E.).
Pertanto, la scrivente ha richiesto al Mi.S.E. un parere in merito alle attività svolte dall’interpellante nonché sulla riconducibilità degli investimenti effettuati tra quelli ammissibili all’agevolazione.
Con nota prot. n. YYY del 2016, il citato Ministero “ritiene che le attività descritte dall’interpellante rientrino in quelle di ricerca e sviluppo agevolabile, specificamente tra le attività di ricerca e sviluppo di cui all’art. 3, comma 4, lettera c del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, come modificato dalla L. 190/2014”.
Inoltre, per quanto concerne gli investimenti connessi a tali attività, il Mi.S.E. “ritiene che i costi … siano da considerare ammissibili ai fini della determinazione del credito di imposta”, specificando quanto di seguito si trascrive in merito alla riconducibilità degli stessi nelle categorie di spese elencate al comma 6 del predetto articolo 3.
Per quanto riguarda il “costo delle risorse umane”, il Mi.S.E. rappresenta che:
– “il personale interno altamente qualificato, con laurea magistrale, impiegato in attività di R&S, va collocato tra i costi di cui all’art. 3, comma 6, lettera a), posto che il personale svolga la propria attività presso le strutture dell’impresa beneficiaria e che il titolo posseduto rientri tra quelli citati alla medesima lettera a)”;
– “il personale interno tecnico impiegato in attività di R&S, va collocato tra i costi di cui all’art.3, comma 6, lettera d)”;
– come specificato nella circolare n. 5/E del 2016, “i costi sostenuti per l’attività di ricerca svolta da professionisti in totale autonomia di mezzi e di organizzazione possono rientrare nella categoria di costi ammissibili ai sensi della lettera c) del comma 6, relativa alla c.d. ricerca “extra-muros”, alle condizioni previste dalla norma. L’interpellante fa rientrare i costi delle consulenze tra le spese di cui all’art. 3, comma 6, lettera d). Ebbene, ove i costi delle citate consulenze siano a carico dell’interpellante e rispettino i criteri di cui alla citata circolare, essi dovrebbero forse più correttamente rientrare nelle tipologie di spesa di cui all’art. 3, comma 6, lettera c)”.
Per quanto concerne “il costo dei singoli prototipi realizzati da soggetti terzi”, l’interpellante specifica che si tratta di “componenti necessari all’assemblaggio del prototipo dimostratore della sorgente GAMMA” e che “sono stati sicuramente dei componenti originali, prevalentemente non disponibili sul mercato”.
L’interpellante specifica inoltre che i soggetti terzi “hanno collaborato alle fasi di Ricerca e Progettazione per giungere a componenti adeguati alle richieste e performanti” e che i rapporti con tali soggetti “non possono essere considerati di mera esecuzione, in quanto gli stessi hanno collaborato singolarmente ed, in alcuni casi, collettivamente alla ricerca per lo sviluppo dei singoli prototipi, che hanno costituito il sistema elettronico di GAMMA”.
Al riguardo, il Mi.S.E. ritiene doversi applicare il seguente criterio:
– “ove il rapporto con i soggetti terzi sia stato improntato ad attività di ricerca e sviluppo finalizzate alla realizzazione di componenti nuovi, i costi dovranno essere considerati riconducibili alla categoria di cui alla lettera c) del comma 6 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013 ed agevolabili al 50%”;
– “ove l’interpellante abbia sostenuto costi per “competenze tecniche e privative industriali relative a un’invenzione industriale o biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori […], anche acquisite da fonti esterne” (con interpretazione ampia e sostanziale dell’art. 3. 6. d), limitandosi poi ad adattarle alle esigenze del progetto, i costi potranno essere considerati riconducibili alla categoria di cui alla lettera d) del comma 6 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013 ed agevolabili al 25%”.
Infine, considerato che le attività per le quali si richiede credito di imposta sono state realizzate in seno al progetto “GAMMA”, eseguito, tra il 2013 e il 2015, in Associazione Temporanea di Scopo (A.T.S.) e ammesso ad un finanziamento regionale, il Mi.S.E. osserva che “la richiamata circolare 5/E …, consente la cumulabilità del credito di imposta con altri contributi pubblici o agevolazioni” e che “l’importo risultante dal cumulo non potrà essere superiore ai predetti costi sostenuti”.
Tutto ciò posto, tenuto conto che l’agevolazione in questione è calcolata, secondo il metodo incrementale, sull’investimento realizzato in eccedenza rispetto a quello medio effettuato nei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015, ai fini della quantificazione del beneficio spettante, la società ALFA dovrà procedere alla determinazione del valore da raffrontare con l’importo degli investimenti realizzati nel periodo di imposta in relazione al quale si intende beneficiare dell’agevolazione (i.e., 2015), rappresentato dalla media aritmetica degli investimenti in attività di ricerca e sviluppo realizzati nei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015.
In proposito, si precisa che, sia nella determinazione dell’ammontare degli investimenti eleggibili nel periodo di imposta in cui il contribuente intende beneficiare dell’agevolazione sia nel calcolo della media, è necessario considerare tutti i costi riferibili alle quattro categorie di spese agevolabili, a prescindere, nel caso in cui la società effettui più progetti di ricerca e sviluppo, dallo specifico progetto per cui gli stessi sono stati sostenuti.
A tal fine, come specificato nella circolare n. 5/E del 2016, nel rispetto del principio di omogeneità dei valori, è necessario tenere conto esclusivamente degli investimenti appartenenti alle medesime tipologie di quelli indicati come agevolabili.
Conseguentemente, la società, nei limiti della spesa incrementale complessiva, costituita dalla differenza positiva tra l’ammontare di tutti gli investimenti realizzati nel periodo di imposta per il quale intende fruire dell’agevolazione e l’investimento medio relativo ai tre periodi di imposta rilevanti per il confronto, calcolerà il beneficio:
– applicando l’aliquota del 25 per cento sull’incremento registrato dal gruppo di costi rappresentato dalle lettere b) e d) e cioè quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio e spese relative a competenze tecniche e privative industriali (comprensive, nella fattispecie, dei costi per “personale interno tecnico” nonché dei costi dei singoli prototipi realizzati mediante prestazioni di soggetti terzi finalizzate all’adattamento dei prodotti “commerciali” alle esigenze del progetto);
– applicando l’aliquota del 50 per cento sull’incremento registrato dal gruppo di costi rappresentato dalle lettere a) e c) e cioè spese per il personale altamente qualificato impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo (comprensive nella fattispecie, dei costi per il “personale interno altamente qualificato”) e spese relative a contratti di ricerca c.d. extra-muros (comprensive, nella fattispecie, dei costi dei singoli prototipi realizzati mediante prestazioni di soggetti terzi finalizzate alla realizzazione di “componenti nuovi” nonché dei costi dei contratti stipulati con “professionisti in totale autonomia di mezzi e di organizzazione”);
– nel caso in cui l’incremento dovesse riguardare soltanto uno dei due gruppi di spese, applicando sull’ammontare della spesa incrementale complessiva l’aliquota corrispondente al gruppo di spese che ha registrato l’incremento.
Ai fini della valorizzazione delle suddette categorie di spese, l’istante deve assumere, quale costo rilevante, il costo di competenza del periodo di imposta per il quale intende beneficiare dell’agevolazione al lordo della parte di contributo ricevuto con riferimento al medesimo costo.
Per quanto concerne la corretta imputazione temporale degli investimenti, con particolare riferimento a quelli relativi ai singoli prototipi realizzati mediante prestazioni di soggetti terzi ed ascrivibili, sulla scorta del parere reso dal MISE, alla lettera c) e alla lettera d) del comma 6 dell’art. 3 (i.e., ricerca cd. extra-muros e competenze tecniche), si rappresenta, ad ogni buon conto, che i relativi costi devono considerarsi sostenuti alla data di ultimazione della prestazione ovvero, in caso di stati di avanzamento lavori, alla data di accettazione degli stessi da parte del committente.
Diversamente, in assenza di SAL, come sembrerebbe nel caso prospettato dall’istante, il quale ha rappresentato che i costi “sono stati sostenuti …in larga parte nel 2015 e, i costi sono stati prevalentemente acconti”, questi ultimi assumeranno rilevanza esclusivamente ai fini del computo degli investimenti ammissibili nel periodo di imposta in cui le prestazioni sono ultimate (i.e., 2015) e non anche ai fini del computo degli investimenti pregressi per il calcolo della media di riferimento.
Da ultimo, ai fini della documentazione a supporto da conservare in relazione alle diverse tipologie di costi eleggibili, indicata in via orientativa e non esaustiva nelle lettere da a) a c) della seconda parte del comma 5 dell’articolo 7 del decreto attuativo, si fa rilevare, sempre con riferimento agli investimenti relativi ai singoli prototipi realizzati mediante prestazioni di soggetti terzi, che, in mancanza dei contratti stipulati con detti soggetti, i relativi costi dovranno essere adeguatamente supportati da altri documenti, quali proposte e/o ordini di acquisto e relative fatture.
Inoltre, il contribuente, al fine di dimostrare la componente relativa all’attività di ricerca e sviluppo di dette prestazioni, è tenuto ad acquisire anche una relazione sottoscritta dai soggetti terzi commissionari concernente le attività svolte nel periodo di imposta cui il costo sostenuto si riferisce e, comunque, dovrà fornire, in sede di controllo, ogni altro elemento informativo che dimostri l’esistenza di accordi tra le parti volti a realizzare un progetto di ricerca ed i relativi corrispettivi.
Infine, si ricorda che con la presente risposta, in attuazione della normativa sul diritto di interpello (cfr. articolo 11 della legge n. 212 del 2000), vengono forniti i corretti principi interpretativi delle norme tributarie e non una valutazione di ammissibilità e di corretta imputazione temporale dei costi esposti nelle singole fatture allegate all’istanza.
Fonte: Agenzia delle Entrate