Funzione Pubblica: prestazioni professionali nelle PA da parte di titolari di partita I.V.A.

Il Dipartimento della Funzione Pubblica con nota, prot. DFP n. 0038226 del 25 settembre 2012, ha fornito un parere in merito a quanto previsto dal regime introdotto dalla Legge n. 92/2012 (Riforma del Lavoro), relativamente alle prestazioni professionali svolte nei confronti delle pubbliche amministrazioni da parte di titolari di partita I.V.A.

Il testo del parere

OGGETTO: prestazioni professionali svolte nei confronti delle pubbliche amministrazioni da parte di titolari di partita I.V.A. – regime introdotto dalla l. n. 92 del 2012.

Si fa riferimento alla nota del 31 agosto 2012, n. 144854, successivamente sollecitata, con la quale è stata sottoposta la problematica relativa all’applicabilità anche ai contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni del nuovo regime relativo alle collaborazioni a progetto introdotto dalla l. n. 92 del 2012. In particolare, l’Amministrazione rappresenta di trovarsi nella necessità di dover assicurare il servizio di assistenza specialistica in favore di alcuni alunni disabili che frequentano le scuole secondarie di II grado mediante la stipula di contratti a prestazione professionale con partita I.V.A. e chiede quindi di conoscere se, alla luce di quanto previsto nei commi 7 e 8 dell’art. 1 della citata legge, trovino applicazione nei confronti delle pubbliche amministrazioni  e per il loro personale le disposizioni contenute nell’art. 1, comma 26, della citata legge.

L’art. 1, comma 26, in esame introduce l’art. 69 bis (Altre prestazioni lavorative rese in regime di lavoro autonomo) nell’ambito del capo I del Titolo VII del d.lgs. n. 276. I commi da 1 a 4 del neo art. 69 bis disciplinano un sistema di presunzioni relativo alle collaborazioni. Il comma 5 disciplina invece il riparto degli oneri contributivi tra committente e collaboratore derivanti dall’obbligo di iscrizione alla gestione separata INPS.

Il medesimo art. 1, ai commi 7 e 8, contiene alcune previsioni per i rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e stabilisce che “7.  Le disposizioni della presente legge, per quanto da esse non espressamente previsto, costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in coerenza con quanto disposto dall’articolo 2, comma 2, del medesimo decreto legislativo. Restano ferme le previsioni di cui all’articolo 3 del medesimo decreto legislativo. 8.  Al fine dell’applicazione del comma 7 il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, individua e definisce, anche mediante iniziative normative, gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche.”.

Ciò premesso, per quanto riguarda specificamente il problema della portata delle innovazioni in materia di collaborazioni contenute nel comma 26 del citato art. 1 nei confronti delle pubbliche amministrazioni, occorre compiere una prima considerazione e, cioè, che la normativa in questione non riguarda “rapporti di lavoro dei dipendenti“, ma prestazioni professionali e collaborazioni a progetto, che rientrano nell’ambito del lavoro autonomo.

Occorre poi notare, come giustamente segnalato nella richiesta di parere, che il comma 26 in esame apporta una modifica aggiuntiva alla disciplina delle collaborazioni contenuta nel d.lgs. n. 276 del 2003 il quale contiene una clausola di non applicazione generale nei confronti delle pubbliche amministrazioni. Infatti, come noto, l’art. 1, comma 2, del citato decreto prevede che “Il presente decreto non trova applicazione per le pubbliche amministrazioni e per il loro personale.” e il successivo art. 86, comma 8, faceva rinvio ad iniziative del Ministro della funzione pubblica per un’eventuale armonizzazione. Pertanto, considerato che le disposizioni sulle collaborazioni contenute nel citato decreto non contengono una previsione di immediata applicabilità nei confronti delle pubbliche amministrazioni, la relativa normativa riguarda solo i rapporti di lavoro tra privati e per le prime continua naturalmente ad applicarsi il disposto dell’art. 7 del d.lgs. n. 165 del 2001 (comma 6: “Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità ….”).

D’altra parte, occorre pure notare che la nuova disciplina che si sta esaminando non riguarda il regime del rapporto di lavoro, ma la disciplina processuale dell’onere della prova (come detto, sono infatti introdotte delle presunzioni legali strumentali alla qualificazione giudiziale dei rapporti di collaborazione) e, quindi, in mancanza di una disposizione di richiamo, in base alla clausola di esclusione contenuta nel citato art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, il regime probatorio particolare non dovrebbe applicarsi nei processi aventi ad oggetto controversie di lavoro con le pubbliche amministrazioni.

In conclusione, ad avviso dello scrivente, per le collaborazioni con le pubbliche amministrazioni continua ad applicarsi il regime ordinario dell’onere della prova nel rito del lavoro. Resta naturalmente ferma ogni valutazione e determinazione autonoma di codesta Amministrazione in qualità di datore di lavoro anche per la necessità di non operare abusi ed utilizzazioni distorte delle collaborazioni, che potranno in ogni caso essere accertate con gli ordinari mezzi a disposizione del giudice e dar luogo a responsabilità con applicazione delle conseguenti sanzioni, secondo quanto previsto anche dagli artt. 7 e 36 del d.lgs. n. 165 del 2001.

il parere

 

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Autore: La Redazione

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