Funzione Pubblica: contratto a tempo determinato oltre il limite massimo di durata dei 36 mesi
Il Dipartimento della Funzione Pubblica con nota, prot. DFP n. 38845 del 28 settembre 2012, ha fornito un parere all’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia in merito alla prosecuzione dei contratti di lavoro a tempo determinato oltre il limite massimo di durata dei 36 mesi, ai sensi del D.L.vo n. 368/2001.
uno stralcio della nota ministeriale
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E’ utile il richiamo alla disciplina dell’articolo 5, comma 4-bis, del d.lgs. 368/2001 che individua le procedure con cui il limite massimo di 36 mesi di durata del contratto a tempo determinato può essere derogato. Le procedure sono:
1. la stipula di contratti collettivi a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
2. la stipula presso la direzione provinciale del lavoro competente per territorio e con l’assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato (c.d. “deroga assistita“).
Il d.lgs. 368/2001 è stato modificato dalla legge 28 giugno 2012, n. 92 che reca “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita” e che, all’articolo 1, commi 7 e 8, detta specifiche previsioni per il settore pubblico.
In particolare il comma 7 dell’articolo 1 prevede che le disposizioni della legge costituiscono principi e criteri per la regolamentazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
A tal fine, in base al successivo comma 8, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, individua e definisce, anche mediante iniziative normative, gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
Tra gli ambiti di intervento in tema di flessibilità in entrata rientra il contratto di lavoro a tempo determinato che, come detto, è attualmente disciplinato dal d.lgs. 368/2001, richiamato anche dall’articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
In riferimento alle modalità di intervento il d.lgs. 368/2001, come novellato dalla legge 92/2012, prevede vari rinvii alla fonte contrattuale al fine di disciplinare alcuni istituti del contratto di lavoro a tempo determinato. In particolare si richiamano le disposizioni:
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articolo 1, comma 1-bis, che, nel contesto della disciplina dell'”acasualità” del contratto a termine, stabilisce che i contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono prevedere, in via diretta a livello interconfederale o di categoria ovvero in via delegata ai livelli decentrati, che il requisito della causa non sia richiesto nei casi in cui l’assunzione a tempo determinato o la missione nell’ambito del contratto di somministrazione a tempo determinato avvenga nell’ambito di un processo organizzativo determinato dalle ragioni di cui all’articolo 5, comma 3, nel limite complessivo del 6 per cento del totale dei lavoratori occupati nell’ambito dell’unità produttiva;
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articolo 5, comma 3, che, nel contesto dalla disciplina dell’intervallo minimo in caso di successione di contratti, dispone che i contratti collettivi di cui al citato articolo 1, comma 1-bis, possono prevedere, stabilendone le condizioni, la riduzione dei predetti periodi, rispettivamente, fino a venti giorni e trenta giorni nei casi in cui l’assunzione a termine avvenga nell’ambito di un processo organizzativo determinato dalle condizioni indicate dalla norma.
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articolo 5, comma 4-bis, che, come detto, prevede che il limite massimo di 36 mesi di durata del contratto a tempo determinato può essere tra l’altro derogato mediante la stipula di contratti collettivi a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Ciò detto, si ritiene che, ferma restando l’applicazione della disciplina che deriva direttamente dal d.lgs. 368/2001, ove compatibile con la specificità del settore pubblico, per quanto riguarda invece le materie demandate alla fonte contrattuale occorrerà attendere, a seguito dell’adozione da parte del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione dell’atto di indirizzo quadro, nel rispetto della procedura prevista dalla normativa vigente, l’eventuale successiva sottoscrizione del contratto collettivo nazionale come previsto dalle disposizioni sopra richiamate.