Articolo: Insussistenza del giustificato motivo di licenziamento: reintegra obbligatoria per la consulta
approfondimento di Eufranio Massi per Generazione Vincente
“Negli ultimi anni la Corte Costituzionale è, più volte, intervenuta sulle disposizioni che nello scorso decennio, hanno cambiato le disposizioni in materia di licenziamento: ne sono palese testimonianza:
- La sentenza n. 194/2018 che è intervenuta sull’art. 3 del D.L.vo. n. 23/2015 (le c.d. “tutele crescenti” applicate a chi è stato assunto a partire dal 7 marzo 2015), affermando che la sola indennità risarcitoria legata all’anzianità aziendale non è un criterio sufficiente per il ristoro a fronte di un recesso illegittimo, dando facoltà al giudice di aumentare l’indennizzo, all’interno delle 36 mensilità previste come tetto massimo, basandosi sulle previsioni contenute nell’art. 8 della legge n. 604/1966;
- La sentenza n. 150/2020 che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 4 del D.L.vo n. 23/2015 laddove era riconosciuta una indennità risarcitoria connessa a vizi di motivazione del licenziamento o della procedura ex art. 7 della legge n. 300/1970 riferita all’inciso “di importo pari ad una mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio”;
- Ora, con il comunicato del 24 febbraio 2021, la Consulta ha preannunciato il deposito di una sentenza con la quale è stata dichiarata la illegittimità costituzionale dell’art. 18, comma 7, secondo alinea (come modificato dalla legge n. 92/2012), laddove viene stabilita, in presenza della mancanza del giustificato motivo oggettivo, la facoltà, per il giudice di scegliere tra la reintegra e l’indennità risarcitoria. “
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