Min. Lavoro – Interpello n. 8/2009 – rapporto di lavoro autonomo con incarico direttivo
La Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, con interpello n. 8 del 13 febbraio 2009, ha risposto ad un quesito dell’Università di Modena e Reggio Emilia – Centro Studi Internazionali e Comparati “Marco Biagi” in merito alla compatibilità di un contratto di lavoro autonomo, in forma coordinata e continuativa, con l’incarico di direzione amministrativa di un ente di ricerca/fondazione universitaria con personalità giuridica di diritto privato, con attribuzione di funzionali poteri di spesa e di direzione sui lavoratori alle dipendenze del committente.
La risposta in sintesi:
[…] il mero dato del conferimento al collaboratore di poteri specifici all’interno dell’organizzazione e funzionali all’esecuzione dell’incarico non può certo essere considerato un indice di per sé determinante di esclusione della natura autonoma del rapporto di lavoro. Per contro, proprio l’attribuzione di tali poteri, l’assenza di vincoli di presenza e orario di lavoro, nonché un ruolo di contenuto direttivo e connotato da forte autonomia nell’esecuzione dell’incarico determinano la maggiore e specifica rilevanza del criterio della volontà delle parti espresso in sede di qualificazione del costituendo rapporto giuridico.
Al riguardo, peraltro, la Suprema Corte ha da tempo affermato che, “allo scopo della distinzione [tra lavoro autonomo e subordinato], qualora l’assoggettamento del lavoratore alle altrui direttive non sia agevolmente apprezzabile in ragione del concreto atteggiarsi del rapporto, caratterizzato dalla presenza di elementi compatibili con l’uno o con l’altro tipo come avviene in caso di svolgimento di mansioni dirigenziali, il giudice non può prescindere dalla qualificazione attribuita dalle parti al rapporto, anche se tale qualificazione, di per sé, non ha di norma valore determinante, ben potendo essere disattesa qualora sia stato dimostrato che l’elemento della subordinazione si sia di fatto realizzato” (cfr., da ultimo, Cass. 13 luglio 2001, n. 9292; Cass. 18 aprile 2001, n. 5665 e Cass. 11 giugno 1998, n. 5845; Cass. 22 agosto 2003, n. 12364).
Da quanto sopra sembra pertanto potersi ritenere non incompatibile il ricorso al lavoro autonomo, anche in forma coordinata e continuativa, con un incarico che determini l’esercizio di poteri direttivi e di spesa ove tali poteri risultino, anche dalla configurazione operata dalle parti nel regolamento contrattuale, funzionali all’esecuzione dell’incarico e compatibili, quanto al loro concreto esercizio, con la scelta di ricorrere alla modalità autonoma di esecuzione della prestazione.
Peraltro, con riferimento alla forma coordinata e continuativa della prestazione non sembra contraddire l’eventuale applicabilità della disciplina del lavoro a progetto, là dove tale disciplina non introduce limiti ulteriori a quelli sopra evidenziati al ricorso alla collaborazione autonoma coordinata e continuativa, ma si limita a predeterminare convenzionalmente, attraverso il vincolo del progetto, le modalità esecutive della prestazione e del coordinamento (cfr. ML circ. n. 1/2004).
A tale ultimo riguardo rileva, in ogni caso, il dato legale in base al quale la disciplina del lavoro a progetto non esaurisce in quanto tale il ricorso al lavoro autonomo coordinato e continuativo, posto che alcune categorie di soggetti sono espressamente escluse dal relativo ambito di applicazione (cfr. art. 61, D.Lgs. n. 276/2003).