Min. lavoro: interpello 72/2009 – Lavoro intermittente a tempo determinato e successione di contratti
La Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, con interpello n. 72 del 12 ottobre 2009, ha risposto ad un quesito della Federalberghi, in merito al fatto se tra la cessazione di un contratto di lavoro intermittente a tempo determinato e la riassunzione dello stesso lavoratore alle medesime condizioni debba intercorrere il periodo minimo previsto dall’art. 5, comma 3, del D.L.vo n. 368/2001 e se tale periodo minimo debba altresì intercorrere tra la cessazione di un contratto intermittente a tempo determinato e una successiva assunzione a tempo determinato (non intermittente).
La risposta in sintesi:
“… In altri termini il cd. “causalone” previsto dall’art. 1 del D.L.vo n. 368/2001 e proprio dei contratti a termine, risulta inappropriato nel caso del lavoro intermittente in quanto quest’ultimo è connotato dalla modulazione flessibile della prestazione, impossibile da predeterminare a priori.
Pertanto, in risposta ai quesiti avanzati, si rappresenta che, in virtù di quanto sopra detto, in caso di riassunzione dello stesso lavoratore con contratto di lavoro intermittente, pur se svolto a tempo determinato, non sarà necessario il rispetto del periodo minimo previsto dall’art. 5, comma 3, del D.L.vo n. 368/2001.
Anche nel caso di contratto di lavoro intermittente a tempo determinato e successivo contratto a termine a tempo pieno o a tempo parziale, non si ravvedono motivi perché tra gli stessi si debba rispettare il termine in questione. In tal senso si ritiene del tutto coerente con la ratio sottesa agli istituti del contratto intermittente e del contratto a tempo determinato la stipulazione di entrambi pur senza soluzione di continuità nelle ipotesi in cui il datore di lavoro, in base alle proprie esigenze, dovrà non più assumere in via discontinua ma per un periodo determinato in base ad esigenze di carattere “tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attività del datore di lavoro”.”.